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Il 12 luglio 1884 nasceva a Livorno uno dei più grandi artisti del secolo scorso, Amedeo Modigliani detto Modì. Formatosi in Italia tra Toscana, Venezia e Sud Italia, nel 1906 si stabilì a Parigi dove incontrò i maggiori esponenti artistici dell’epoca, tra cui Picasso. L’ambiente bohémien lo ispirò e fu importante per la sua carriera, ma lo spinse anche ad abusi che furono responsabili di una morte precoce, a soli trentacinque anni, nel gennaio 1920.
Modigliani, tra forza vitale e sensibilità
“Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni” diceva Amedeo Modigliani. Un artista pieno di vitalità, ma d’altra parte con “la maledizione dell’essere incompreso” come racconta Angelo Longoni nel libro Modigliani e il principe (Giunti editore). La sua breve vita è stata caratterizzata dal richiamo della capitale francese, in cui si è trasferito nel 1906 dopo aver amato follemente l’Italia. A Parigi ha potuto dare ampia libertà alle sue creazioni ed ha anche incontrato il mondo bohémien, fatto di eccessi e muse di cui si innamorò profondamente. Come afferma il critico letterario Leone Piccioni, “Parigi doveva essere allora per tutti gli inquieti, gli sradicati, e anche per i profeti veri, accanto a schiere di illusi e di velleitari, il vero luogo d’approdo, almeno per tentare, per cercare, il catalizzatore della propria, vera o presunta vocazione”.
La formazione artistica
Amedeo Modigliani inizia la sua formazione artistica in Italia. Proprio nella città natale, Livorno, frequenta la scuola dei macchiaioli sotto la guida di Giovanni Fattori in persona. Questo tipo di insegnamenti lo aiutano ad entrare in contatto con la struttura intima delle cose. Dopo i contemporanei, la sua ricerca si sposta sul passato che ritrova in città come Firenze, Napoli e Venezia rifacendosi ad artisti come Masaccio e Tiziano. Ormai padrone del presente e del passato, decide creare un linguaggio del tutto nuovo. Ovviamente Parigi, culla delle avanguardie, è la casa ideale per dedicarsi ai nuovi linguaggi. Qui riesce a sviluppare un proprio stile, quello che oggi tutti noi abbiamo in mente quando pensiamo a Modigliani: ritratti di donne e uomini dai colli slanciati e lo sguardo perso, ma anche nudi femminili.
“Ha inventato il ritratto moderno, inquieto e interrogativo, ha rappresentato poeti e cameriere, bambini e mercanti, mendicanti e donne.”
Il suo percorso di ricerca artistica si può approfondire nell’opera di Beatrice Buscaroli dal titolo Ricordi di via Roma. Vita e arte di Amedeo Modigliani (Il Saggiatore).
Il legame con la tradizione italiana
Il pittore Gino Severini, uno dei protagonisti della Parigi bohémien, racconta nel suo libro La vita di un pittore (Abscondita) alcune vicende che di riflesso coinvolgono Modigliani.
Per esempio nel 1909 Severini propose a Modigliani di firmare il manifesto sulla pittura futurista, ma l’artista livornese rifiutò perché come afferma Leone Piccioni: “A Parigi, Modigliani frequentava poco gli artisti italiani e doveva essere un carattere assai difficile da conoscersi in profondo; ma era imbevuto di tradizioni culturali italiane: declamava a memoria versi di classici e di certi odiamati contemporanei (da Dante a Carducci, da Leopardi a D’Annunzio). Sentiva come pochi la necessità di un legame con la tradizione, in un rinnovamento che ne confermasse la permanenza. Figurarsi se era dell’idea di chiudere i musei, se voleva far piazza pulita di quanto aveva alle spalle, erba rasata, per ricominciare dal niente.”
Modigliani e l’ambizione di diventare scultore
Modigliani aveva quindi un forte legame con la tradizione artistica italiana, che forse si rispecchia anche nella sua profonda ambizione: la scultura. Vero è che per lui prima di ogni cosa veniva il disegno, però già dal 1902 sentiva questa profonda vocazione alla scultura. A confermarlo è anche la figlia Jeanne Modigliani, che non avendo potuto conoscere il padre, morto quando lei aveva solo due anni, si dedicò ad un lavoro di ricostruzione della sua biografia, purificandola dalle più disparate leggende e falsificazioni.
Nelle varie opere, come Modigliani mio padre (Abscondita), Jeanne racconta che suo padre sentì l’urgenza di recarsi a Carrara per cercare e tagliare marmi. La sua ricerca scultoria proseguì fino al 1912, intensificata dall’incontro a Parigi con lo scultore romeno Costantin Brancusi a cui dedicherà anche un ritratto. Però proprio nel 1912 Modigliani tagliò ogni legame con la scultura, perché su consiglio di amici, probabilmente invidiosi, buttò tutti i blocchi di marmo nel canale. Un episodio triste, purtroppo da molti confermato, che dimostra ancora una volta la maledizione dell’incompreso.
Donne, muse e amori
Modigliani ebbe un rapporto molto particolare con le donne, le quali erano follemente innamorate di lui. Non a caso Francesco Poli e Anna Maria Merlo hanno scritto un libro che si intitola proprio Modigliani e le sue donne (24 Ore Cultura). In quest’opera si ripercorrono le donne più importanti della sua vita.
Ovviamente in primis la madre, Eugénie Garsin, originaria di una famiglia ebrea di Marsiglia. Eugènie si occupò da sola dell’istruzione dei quattro figli. Inoltre fondò una scuola materna ed elementare che le permise dii sostenere economicamente tutta la famiglia. Il marito, Flaminio Modigliani, era infatti in grave difficoltà per il fallimento della propria impresa.
Poi le altre donne: l’eccentrica Beatrice Hastings, l’elegantissima Maud Abrantés, la studentessa di medicina Simone Thiroux, la poetessa Anna Achmatova ed infine Jeanne Hébuterne. Quest’ultima fu dapprima la protagonista dei suoi nudi femminili ed in seguito madre della figlia, Jeanne Modigliani. La Hébuterne era talmente innamorata di Modigliani che, quando lui morì nel 1920 , si suicidò lanciandosi da una finestra, incinta del loro secondo bambino. Il libro di Franco Donatini, Modigliani, mon amour. Jeanne Hébuterne (Felici) è una confessione di Jeanne, che mette in luce “un rapporto dai contorni indefinibili […] da cui emergono i lati oscuri e drammatici della loro convivenza e allo stesso tempo l’estroversa e polemica personalità di Modigliani, insieme al suo rapporto spesso conflittuale con il mondo degli artisti”.
Una salute precaria
Fin da piccolo Amedeo Modigliani soffrì di problemi di salute: pleurite, tifo con complicazioni polmonari, tubercolosi. Per questioni di guarigione si recò più volte a Capri, dove trasse sporadici benefici. Una salute così cagionevole non poté resistere agli abusi della capitale francese, dove morì a soli trentacinque anni il 24 gennaio 1920. Corrado Augias nella biografia romanzata Modigliani, l’ultimo romantico (Mondadori) racconta alcuni aspetti della vicenda personale e artistica del pittore, evidenziando il ruolo che ebbe la sua morte nella considerazione generale del personaggio.
“Era accaduto che di colpo, morendo, quel pittore che nel corso della sua vita nessuno aveva veramente capito, […], aveva fatto sì che la sua figura e la memoria, finissero per coincidere con quel nomignolo ‘Modì’ che era nello stesso tempo l’apocope del suo nome e il sintomo d’un possibile destino: Modì, cioè maudit, maledetto. La leggenda Modigliani nacque quel giorno di fine gennaio e va di pari passo con l’aumento vertiginoso dei suoi dipinti: un cosa, anzi, moltiplica l’altra, in un rimbalzo tra cause ed effetti di tale portata che ancora oggi non è facile stabilire quali elementi abbiano maggiormente influito nel determinare una definitiva collocazione della sua figura nella storia artistica del nostro secolo”