Marta Mallucci | Fano – Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/ Passaggi Festival. Libri vista mare Sat, 26 Jun 2021 15:40:39 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8 https://2021.passaggifestival.it/wp-content/uploads/2020/03/cropped-nuovo-logo-passaggi-festival_rosso-300x300-1-32x32.jpg Marta Mallucci | Fano – Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/ 32 32 La parità è libertà, Rula Jebreal a Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/parita-liberta-rula-jebreal-passaggi-festival/ Sat, 26 Jun 2021 15:22:43 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82875 Passaggi Festival ha avuto l’immenso piacere di ospitare sul palco, per l’ultima serata, Rula Jebreal, una donna meravigliosa dall’indescrivibile potenza narrativa. Nell’ambito della Rassegna di saggistica “Libri in Piazza”, Rula ha conversato con la giornalista Maria Novella De Luca presentando ‘Il cambiamento che meritiamo’ (Longanesi), un libro importante ed intenso che traccia una strada per […]

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Rula Jebreal Passaggi Festival 2021

Passaggi Festival ha avuto l’immenso piacere di ospitare sul palco, per l’ultima serata, Rula Jebreal, una donna meravigliosa dall’indescrivibile potenza narrativa. Nell’ambito della Rassegna di saggistica “Libri in Piazza”, Rula ha conversato con la giornalista Maria Novella De Luca presentando ‘Il cambiamento che meritiamo’ (Longanesi), un libro importante ed intenso che traccia una strada per il cambiamento della condizione femminile nel mondo.

L’importanza delle parole

È enorme il valore che Rula attribuisce alle parole, quelle stesse parole che sono la chiave del cambiamento per la condizione della donna. Lei le ha trovate in un viaggio in Medio Oriente quando, come inviata del New York Times, ha incontrato delle donne stuprate dall’Isis. Così ha trovato la forza di raccontare la sua storia, perché l’atto di coraggio di una donna dà coraggio ad altre. Così ha alzato la testa e ha iniziato a parlare, finalmente, del suo vissuto. Ha fatto emergere quella voce che tanto aveva cercato di soffocare e dimenticare e questo gesto le ha dato libertà grazie alla sua determinazione. Rula non perde occasione per farsi portavoce di questa immensa battaglia e ce lo ha dimostrato salendo, nel 2020, sul palco di di Sanremo ricordando a tutte le donne che non sono sole, che la loro voce e la loro storia valgono. “A tutte quelle donne vittime di abusi, di stupri, di ingiustizie, quel momento era per voi. Negare la giustizia a una donna vuol dire negare la democrazia”.

Uscire dal cerchio di violenza

La violenza è una bestia che colpisce tutta la comunità, mai solo il singolo. Distrugge famiglie, vite, anime. Ogni crudeltà trova la sua origine nel linguaggio, artefice della “deumanizzazione” di una donna. La violenza e le atrocità non iniziano con gli stupri, ma -sempre- con le parole. Ci si è mai chiesti come mai, in uno scenario così ricco di abusi e maltrattamenti, una donna denunci a fatica? C’è una grande difficoltà delle vittime nello spezzare le catene e uscire dal cerchio della violenza. Questo perché quando una donna denuncia una violenza inizia un processo rivolto a lei, come vittima e non al suo aggressore. Si parla della sua gonna troppo corta, del tacco troppo alto, della scollatura provocante. Così una vittima di abusi si trova a doversi giustificare riguardo il suo modo di dire le cose, di pensare, di agire. Questa è la realtà in cui viviamo, una realtà che impone canoni da rispettare e che al contempo denigra quando sei tu stessa la vittima.
Oggi il femminismo ha capito che la grande battaglia è proprio quella sul linguaggio e che unendosi agli altri gruppi discriminati, diventando intersezionale, può rendere la lotta per la parità più efficace.

Lottare per i propri diritti

Rula ha poi raccontato di Darnella Frazier, l’eroina appena diciassettenne, che ha registrato il video dell’omicidio di George Floyd. Quelle immagini di puro orrore hanno dato voce a Floyd e a tanti altri che, come lui, una voce non ce l’hanno più. Questa giovane ragazza ha compreso l’importanza della diffusione dell’immagine del razzismo in tutta l’America, affinché qualcosa potesse cambiare. Ha compiuto un atto di estremo coraggio.
“La storia di George Floyd non è iniziata con lui, ma con Rosa Parks e tutte quelle attiviste che hanno deciso di prendere in mano il loro destino. Senza il loro coraggio la storia dell’America non sarebbe mai cambiata”.
Negli Stati Uniti quando una donna è troppo ubriaca e non è in grado di acconsentire, di dire sì o no, è uno stupro. No vuol dire no. L’uomo non ha il diritto di appropriarsi e prendersi qualcosa da una donna senza il suo consenso. Questo è un insegnamento che viene dato a tutti i ragazzi nelle scuole americane.
Nel momento in cui le donne americane hanno deciso di denunciare le violenze sul lavoro è avvenuta una rivoluzione enorme. In Italia no. Viviamo in una realtà in cui la violenza è talmente normalizzata che uno stupro non risulta poi così grave. A dire il vero, nel nostro paese un inizio di rivoluzione c’è stata, ma si è fermata. Rula sostiene che l’unico modo per porre rimedio a queste tragiche situazioni sia “intervenire con la legge. Qualsiasi politico che non rispetta e incrementa la parità non merita il vostro voto. “

Non voglio aspettare cent’anni prima che il governo si svegli e decida che la libertà è doverosa. Utilizzerò qualsiasi privilegio che ho per aiutare le altre donne, il cambiamento deve cominciare da ora. Abbiamo una responsabilità morale nei confronti di quel pozzo di libertà da cui tutti abbiamo bevuto. Chiedo a tutte voi di appropriarvi del proprio destino. Il tempo è adesso, ora”.

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I vangeli apocrifi, da De André a Paolo Castaldi https://2021.passaggifestival.it/paolo-castaldi-riscrittura-buona-novella-de-andre/ Fri, 25 Jun 2021 11:50:36 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82780 A chiudere la rassegna di “Passaggi fra le Nuvole” è stato Paolo Castaldi, autore di molte graphic novel che spaziano tra argomenti sociali e sportivi. A Passaggi Festival ha presentato il libro ‘La buona novella’, che è la riscrittura a fumetti di un concept album di De André. E’ un disco dedicato alla storia di […]

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Paolo Castaldi Passaggi Festival 2021

A chiudere la rassegna di “Passaggi fra le Nuvole” è stato Paolo Castaldi, autore di molte graphic novel che spaziano tra argomenti sociali e sportivi. A Passaggi Festival ha presentato il libro ‘La buona novella’, che è la riscrittura a fumetti di un concept album di De André. E’ un disco dedicato alla storia di Cristo tratta dai vangeli apocrifi, che Castaldi ha disegnato interamente basandosi sui testi del grande cantautore italiano. Nel corso della serata l’autore conversa con Virginia Tonfoni.

Musica e disegno si incontrano

L’autore ci racconta come, avendo scoperto questo album in età adolescenziale, abbia sempre sentito dentro di sé il bisogno e la voglia di rappresentarlo attraverso delle immagini. “Sono tantissimi anni che immagino questo libro e che vedo queste immagini come un film”, racconta Castaldi. Nonostante si tratti di un disco pubblicato nel 1970 presenta messaggi universali, come la sospensione di giudizio e l’inclusione, tuttora attuali. Quando allora De André uscì con un disco sulla storia di Gesù, in un periodo di grandi lotte, non venne recepito subito che ciò di cui parlava contenesse tutte le istanze di quegli anni. Venne anzi completamente frainteso. Ebbene Castaldi ha sentito l’esigenza di riproporre questo tipo di istanze. L’intento che si trova alla base di queste canzoni è, come disse De André in un’intervista, spogliare il cristianesimo dal cattolicesimo, rispiegare i vangeli apocrifi prescindendo dalla chiesa cattolica.

Parole tali e quali nel tempo

L’universalità dei testi di queste canzoni, che sono a tutti gli effetti considerabili poesie, deriva da una forza incredibile del linguaggio di De André e ciò li rende molto impegnativi da tradurre in immagini. La buona novella ti parla di una storia di 2000 anni fa che ti racconta dell’oggi. L’intento di Castaldi era proprio quello di non aggiungere né togliere nulla ai testi originali, cercando di “impostare questo lavoro con umiltà e rispetto, ma anche con le mie idee da autore, che mi hanno fatto immergere nei panni del lettore portandomi a chiedere come lo avrei voluto vedere al suo posto”.

Dare voce a chi non ne ha: la rivendicazione dei personaggi secondari

I protagonisti del suo libro sono quei personaggi secondari che nei vangeli apocrifi acquisiscono centralità, mostrandoci i fatti sotto una luce diversa rispetto alla storia canonicamente tramandata. Castaldi disegna questi personaggi, da sempre considerati marginali, con un approccio di rivendicazione. Il punto focale per l’autore è che si tratta di persone, non intese come figure religiose, ma come soggetti che vissero in quell’epoca. Maria in particolar modo gioca un ruolo fondamentale per Castaldi, il quale si impegna affinché non venga percepita come la solita figura di Santa, ma come donna. “Ho cercato di impersonificarmi” ,dice l’autore, “l’obiettivo è che il lettore nel corso della lettura si scordi che stiamo parlando di Maria”.

L’ambientazione

Uno degli aspetti più discussi nel produrre questo libro è stata l’ambientazione. Castaldi era combattuto tra la rappresentazione dei fatti nell’epoca in cui sono effettivamente ‘avvenuti’ o se fare una trasposizione degli eventi nell’epoca moderna. “Ho deciso di non cambiare gli ‘accordi’, ho preso il disco di De André e l’ho semplicemente trasposto”. Soltanto alla fine del libro troviamo un grande punto di rottura: improvvisamente, da un’ambientazione ben chiara, con l’ultima scena arriviamo in un contesto diverso, definito da Castaldi un “contesto di guerra”. “Ne ‘Il Testamento di Tito’ sarebbe stato troppo complicato continuare ad ambientare nell’epoca originaria questa canzone. Doveva succedere qualcosa, volevo attualizzare la buona novella, avevo bisogno di questo cambio”, racconta.

La storia è scritta dalle persone

Per concludere il piacevole incontro Paolo Castaldi ci ha parlato di come, quando non fa illustrazioni, per scrivere i testi dei suoi libri vada al bar a sentire storie. La più grande fonte di ispirazione per l’autore sono le persone stesse, che hanno un vero vissuto e racchiudono dentro di sé mille cose da raccontare. Si può dire insomma che Castaldi dia voce a chi una voce non ce l’ha. “Ci sono già storie belle dentro di noi senza per forza dover inventare mondi che non esistono. Io mi rifaccio alla vita degli altri perché a me sembra tutto già meraviglioso, basta riscoprirlo”.

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Un pioniere non si arrende mai, Tatjana Dordevic Simic https://2021.passaggifestival.it/tatjana-dordevic-simic-parla-travagliata-storia-serbia/ Thu, 24 Jun 2021 11:30:35 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82659 La nona edizione di Passaggi Festival, per la Rassegna Europa Mediterraneo, ha visto come protagonista Tatjana Dordevic Simic. A conversare con lei Anna Latanzi, critica letteraria. Tatjana è una giornalista affermata, impegnata dal punto di vista pratico lavorativo, ma anche sociale. Il libro che presenta, intitolato ‘Il pioniere’ (Besa muci editore) è diretto, chiaro, ma […]

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Tatiana Dordevic Simic Passaggi Festival 2021

La nona edizione di Passaggi Festival, per la Rassegna Europa Mediterraneo, ha visto come protagonista Tatjana Dordevic Simic. A conversare con lei Anna Latanzi, critica letteraria. Tatjana è una giornalista affermata, impegnata dal punto di vista pratico lavorativo, ma anche sociale. Il libro che presenta, intitolato ‘Il pioniere’ (Besa muci editore) è diretto, chiaro, ma soprattutto ricco di coraggio. Ha contenuti di spessore che parlano di guerra, di genocidio. Tutti argomenti su cui ognuno di noi ha il dovere di essere informato.

Il potere del singolo

Quando un paese è completamente allo sbaraglio, al punto che tutto sembra perduto, la forza di un’unica persona difficilmente può fare la differenza. In un paese che coltiva odio, invece di valori come fratellanza, rispetto e altruismo, il singolo che cosa può fare? La scrittrice sostiene che anche l’individuo ha potere, certo non ha il potere di cancellare il passato, né di prevedere il futuro, ma può cambiare il presente. Tatjana è una donna che crede fortemente nella resilienza, nel potere dell’umanità. Bosko, il protagonista del suo stesso libro, che a tratti la rispecchia nel vissuto, non si arrende mai. È un ragazzo che si contraddistingue per il categorico rifiuto nei confronti del vittimismo ed è in cerca del suo riscatto. Cresciuto negli anni di guerra in Jugoslavia, Bosko si ritrova immerso in un paese “insanguinato fino alle ginocchia, ma aveva un’illusione di pace”.

Saper raccontare senza aggredire

La scrittrice ha una grande capacità: quella della non aggressività. Non aggredisce il lettore ed ha una forma narrativa equilibrata, armonica e delicata. Essendo per Tatjana la scrittura il suo pane quotidiano, in quanto giornalista, l’idea di scrivere questo libro è nata in modo spontaneo. Il pioniere” attraverso il personaggio di Bosko racconta gli aneddoti che riguardano personalmente la scrittrice e le persone che le sono state vicine. È un libro che vola nei tempi, cominciando con una visione fanciullesca di un bambino, nato dopo la morte del Presidente Tito e che vive i primi anni di vita in un paese post-comunista. Dopo la caduta di Tito sono cominciati grandi cambiamenti. Il pioniere è la storia di un ragazzo che non avendo consapevolezza di sé e di ciò che lo circonda osserva tutto con divertimento. Iniziati i bombardamenti però inizia a capire. Quello è il momento cruciale in cui comprende veramente, insieme a tutti i suoi amici e a chiunque altro nel paese, cosa stava succedendo. Inizia una consapevolezza, per poi arrivare a qualcosa di più concreto.

Un passato incancellabile

Parte del libro racconta la vita di questo ragazzo costretto a lasciare il suo paese, cercando  di staccarsi dal suo passato. Si tratta di un passaggio molto difficile per Bosko. Il passato non è qualcosa che si dimentica andando dall’altra parte del mondo, è qualcosa che tornerà sempre a galla. È un desiderio spesso ricorrente e comprensibile quello di volersi lasciare alle spalle ricordi tanto difficili, ma si tratta di qualcosa che fa parte di te e ti fortifica. Alla fine Bosko è riuscito a capire che è proprio il passato che gli ha dato la forza di diventare la persona che è oggi. La paura immobilizza l’anima, ma puoi anche scegliere di affrontarla. “Puoi rimanere chiuso in questo stato di limbo o pensare e scegliere di affrontare queste cose” dice Tatjana “sono i momenti dove uno si chiede se vuole rimanere in questo stato di incertezza o se vuole capire cosa sta succedendo veramente”. Una cosa è certa: non si possono fare paragoni tra pandemia e bombardamenti.

L’insegnamento coercitivo

La maestra è una figura molto importante nel corso del libro. La sua figura era, all’epoca, molto importante. Per Bosko era il primo collegamento con il Presidente Tito, poiché nell’aula era sempre presente. C’era una sua foto appesa al muro e si parlava di lui in continuazione, raccontando storie. Il lutto dopo Il Tito è durato quasi 10 anni. La maestra usava ogni occasione per raccontare la sua importanza. Tito era visto come un eroe, un leader, anche come una sorta di amico. Dopo la caduta del mito di questa figura persino la maestra aveva iniziato a dire che era in arrivo un nuovo inizio. A Bosko non vennero date spiegazioni, così come a nessun altro dei bambini. Non era necessario che loro sapessero, la situazione era così e basta. Da lì comincia un’altra storia: il grande leader tanto venerato diventa nemico, dittatore, colui che ha fatto male.

Amori ‘scomodi’

Nel libro non manca una travolgente storia d’amore tra il protagonista e una ragazza conosciuta in Italia. Bosko arrivato nel paese si innamora per caso di una ragazza albanese, senza che ci fosse nulla di male. È uno di quegli amori ‘illeciti’ che, in un paese in guerra, sono impensabili perché si tratta di due comunità in contrasto. Sono storie d’amore che possono portare ad una brutta fine. L’amore presente nel libro sconfigge ogni sorta di male e di odio, un odio radicato e sfortunatamente presente anche al giorno d’oggi in questi paesi. L’amore è uno degli strumenti necessari e fondamentali per la reattività. È quanto di più importante ci possa essere.

“Ognuno di noi è libero di scegliere e questo è un dono prezioso”

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Tra riflessioni e risate: Willie Peyote presenta “Dov’è Willie?” https://2021.passaggifestival.it/willie-peyote-giuseppe-civati-palco-passaggi-festival/ Wed, 23 Jun 2021 10:18:29 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82514 La quinta serata di Passaggi Festival ha l’enorme piacere di avere sul palco del Pincio, per la Rassegna “Fuori Passaggi Music&Social”, il rapper Willie Peyote. In un esuberante dialogo con Giuseppe Civati, ha presentato il suo libro intitolato “Dov’è Willie?”, edito da People. Una serata ricca di contenuti, divertimento e riflessioni. Dov’è Willie? Più che […]

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Willie Peyote Passaggi Festival 2021

La quinta serata di Passaggi Festival ha l’enorme piacere di avere sul palco del Pincio, per la Rassegna “Fuori Passaggi Music&Social”, il rapper Willie Peyote. In un esuberante dialogo con Giuseppe Civati, ha presentato il suo libro intitolato “Dov’è Willie?”, edito da People. Una serata ricca di contenuti, divertimento e riflessioni.

Dov’è Willie?

Più che di un libro si tratta di chiacchiere tra amici, discorsi veri e profondi in cui Willie Peyote si racconta come non aveva mai fatto prima. Queste parole, figlie del periodo in cui sono state concepite (quello del Covid), si fanno carico di molta sincerità. Se non fosse stato scritto in una fase di grande difficoltà per il mondo intero, ne sarebbe uscito un libro completamente diverso. È un po’ ‘appesantito’ dal periodo storico in cui è stato collocato, trattando temi di cui in Italia non si suole parlare, come la depressione. Peyote sostiene che si dovrebbe discutere di più del trauma che abbiamo subito: “La depressione esiste e l’ho vissuta sulla mia pelle. Non dev’essere un taboo. Secondo me è formativo prendersi un momento per accettare questo trauma in questa performance in cui dobbiamo tutti sembrare sempre vincenti”. In Italia ci sono argomenti ‘intoccabili’ che invece vanno oltre che affrontati approfonditi, per il bene della salute mentale di tutti. Le malattie mentali sono mostri invisibili che richiedono tanto tempo e fatica per essere sconfitte, ed è proprio il motivo per cui dare spazio a problemi di questo tipo non è mai stato così importante quanto in questo periodo. Tra discorsi di grande rilevanza, in un dialogo ricco di risate ed applausi, si arriva anche a parlare del Ddl Zan e il caro Civati esordisce con: “Il Ddl Zan va approvato e basta, perché avete veramente rotto. Non dev’essere Peyote a dirlo”.

‘La depressione è un periodo dell’anno’

Ciò che ha aiutato l’artista ad uscire dalla depressione è stato il rendersi conto di essere un ragazzo fortunato, ricordandosi anche che “c’è qualcuno che ha più diritto di stare male di me”. Willie faceva un banale lavoro in uno squallido call center e all’età di 24 anni ha firmato un contratto a tempo indeterminato. In Italia un simile contratto ad una così giovane età è quasi un sogno, che però presenta due facce della medaglia: da una parte hai un lavoro assicurato per il resto dei tuoi giorni, dall’altra il rischio di collassare su te stesso smettendo di metterti in gioco. “Quando ho firmato il contratto a tempo indeterminato non sapevo se spararmi in testa o stappare una bottiglia” dice. Così un giorno ha deciso di mollare tutto per intraprendere l’impervia via della musica (ottenendo risultati grandiosi!). Durante la depressione, periodo in cui pensava spesso al suicidio, Peyote ha fatto un percorso di analisi. In quel periodo si sentiva per telefono anche con il padre, che era in Brasile. Le telefonate che si facevano venivano registrate a sua insaputa e un giorno il padre gli ha mandato un file contenente tutti i loro dialoghi. Nell canzone ‘Che bella giornata’, la sua preferita, c’è un estratto di una chiamata in cui raccontava di essersi appena licenziato. “Quella canzone mi ricorda che ho avuto coraggio” e risentire tutte quelle parole, i periodi vissuti e le difficoltà gli hanno fatto credere abbastanza in sé stesso da rompere gli schemi addentrandosi verso un percorso del tutto nuovo e ricco di ostacoli.

Divisione per categorie: una sofferenza ingiusta

Peyote nel duro periodo di pandemia, che ha costretto tutti a casa, si è molto preoccupato per quelle persone facenti parte del suo team rimaste senza un lavoro. Molte di loro dovevano mantenere oltre che sé stessi anche un’intera famiglia. Questa situazione non lo ha certo lasciato indifferente, si è prodigato per tentare di trovare una qualche soluzione per il bene di chi lo circonda nel quotidiano all’interno del mondo lavorativo. Non si tratta di persone che lavorano per lui, ma con lui. Purtroppo, e questa situazione l’ha evidenziato più che mai, siamo abituati a ragionare compartimentalizzando ogni categoria. C’è un settore e poi ce n’è un altro, così si tende a pensarla senza preoccuparci di tutte le fasce intermedie comprese all’interno di quella che noi identifichiamo in un’unica categoria. “Ragioniamo a compartimenti stagni e non c’è comunicazione tra i vari compartimenti. Questa cosa mi spaventa un po’. Dovremmo tutti tornare a dividerci meno in categorie e comunicare di più”. La divisione di cui stiamo parlando non si limita però solo a delle categorie lavorative, ma a tutti quei gruppi componenti la società. Nel libro c’è un momento in cui l’artista ci parla di religione e ci spiega che ha avuto un percorso personale peculiare. Sua madre e le sue sorelle sono Testimoni di Geova e, per quanto abbia sempre evitato di sbandierare ai quattro venti le decisioni personali altrui, questo è un argomento che lo ha coinvolto sin dall’infanzia. Willie è cresciuto sentendosi costantemente quello diverso. A Torino, quando era piccolo, la dimensione parrocchiale era molto importante e lui soffriva la situazione perché in qualche modo sentiva di dover sempre dimostrare qualcosa per esserne all’altezza. Non dovremmo più limitarci a separare le persone e le loro azioni in categorie.

Privilegio e patriarcato

Nella canzone ‘Mai dire mai’ tra le tante frasi provocatorie ce n’è una in particolare che, volta a far riflettere le persone, ha suscitato numerose critiche: ‘Non ho capito in che modo twerkare vuol dire lottare contro il patriarcato’. È un chiaro riferimento ad Elettra Lamborghini, la quale l’anno precedente ha twerkato sul palco di Sanremo scambiandosi poi un bacio con Miss Keta. Da lì Elettra è diventata simbolo della lotta LGBTQ, ma Willie chiede “siamo sicuri che ogni culo è politico?”. Nei calorosi applausi scoppiati da questa osservazione, Willie prosegue raccontando come gli sia stato dato del privilegiato. Peyote quindi, in quanto uomo, sarebbe privilegiato rispetto ad una donna di successo già ricca fin da quando era nella culla. Bisogna tener conto del fatto che il privilegio è un discorso che ha delle sfumature e che gli argomenti che mette in luce Willie Peyote cercano di muovere le acque facendo pensare, non sono certo un’affermazione del patriarcato.

Lanciare un messaggio, non la propria carriera

Siamo in un periodo storico in cui le lotte sociali vengono lasciate combattere dai miliardari, ma i miliardari sono quelli che a livello sociale hanno meno problemi in assoluto. Non combattiamo per ciò che ci tocca direttamente, molliamo questo peso su qualcun altro che non vive quel problema nel nostro stesso modo. Un omosessuale miliardario ha certamente molti meno problemi di un omosessuale povero, i soldi sono una discriminante importante. Quando una lotta diventa un brand qualcuno nel mondo ci sta perdendo. Peyote fa discorsi molto importanti e spesso sottovalutati, sottolineando anche di non voler essere portavoce di queste cause. Spesso le lotte sociali che vengono fatte hanno come unico riscontro quello di far guadagnare visibilità ad un determinato personaggio pubblico. “Non voglio essere io il simbolo, sennò serve a me e non alla lotta” dice “ si prende posizione quando rischi qualcosa, se non perdi qualcosa vuol dire che non la stai prendendo”.  Pochi sono quelli che prendono posizione e Willie sostiene che ciò che più blocca persone di una certa rilevanza sociale dall’esporsi sia proprio la paura di farlo quando il rischio è perdere. Prendere posizione dev’essere un gioco nel quale si rischia qualcosa. “Io spesso vengo frainteso in ciò che dico e quando succede ne soffro tantissimo, ma ci provo sempre a lottare dal mio lato della barricata”. Proseguendo il dialogo con Civati si finisce anche a parlare del Vaticano, così l’incontro si conclude con la domanda più pungente e veritiera che potesse essere posta: “Perché io da cantante non posso fare politica e il Papa può farlo?”.

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Coraggio, altruismo e passione in un’unica donna: Sharon Stone https://2021.passaggifestival.it/sharon-stone-passaggi-festival-presenta-bello-vivere-due-volte/ Tue, 22 Jun 2021 08:05:42 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82323 La quarta serata della Rassegna di saggistica “Libri in Piazza” ha ospitato, in collegamento video da Long Island, la diva del cinema Sharon Stone con Il bello di vivere due volte (Rizzoli). Presentata con parole dall’intensità travolgente dal Direttore di Passaggi Giovanni Belfiori, è poi stata intervistata da Paolo Mereghetti e Silvia Bizio. Si tratta […]

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Sharon Stone Passaggi Festival 2021

La quarta serata della Rassegna di saggistica “Libri in Piazza” ha ospitato, in collegamento video da Long Island, la diva del cinema Sharon Stone con Il bello di vivere due volte (Rizzoli). Presentata con parole dall’intensità travolgente dal Direttore di Passaggi Giovanni Belfiori, è poi stata intervistata da Paolo Mereghetti e Silvia Bizio. Si tratta di una donna carismatica, che ha la bellezza del coraggio. Ha raccontato sé stessa in un libro doloroso, faticoso, toccante. “Sin dalla prima pagina si capisce che siamo davanti alla vita nella sua interezza, composta di alti e bassi difficili da superare per chiunque e se rapportati ad una stella del cinema diventano vette e abissi dal quale è difficile riuscire a riemergere. Arrivano le parole di una donna, non di un personaggio, le parole di una vita vissuta” , dice Belfiori.

L’autenticità e la potenza delle parole

Oltre ad aver scritto un toccante libro Sharon ha deciso di registrarne anche un audiolibro. Dalla sua voce trapela grande emozione nella lettura di ogni singola parola, rendendo l’ascolto commovente. La registrazione è avvenuta nell’intimità della sua camera da letto, intraprendendo un viaggio di esplorazione compiuto in modo privato. L’attrice ci racconta di quanto un’esperienza simile, soprattutto per lei che è buddhista, sia stata estremamente positiva perché le ha portato grande chiarezza. Una volta conclusa anche la realizzazione dell’audiolibro non ha potuto né tantomeno voluto promuoverlo, come si suole fare, attraverso feste di lancio, firma copie e tour, perché “è troppo personale e vero, c’è troppo di me”.

Il cinema e la letteratura italiana come salvavita

Ne Il bello di vivere due volte” ci sono curiose citazioni del cinema italiano, che derivano da una grande passione e conoscenza del nostro cinema e della nostra letteratura.
“Tutta questa letteratura italiana che ho divorato è stata importante nella mia vita, letteratura e cinema sono quello che secondo me mi hanno tenuta viva” dice commuovendosi. Cita in particolar modo il film “Nuovo Cinema Paradiso”’ dicendo di amarlo, è uno di quei film che l’ha colpita nel profondo, tenendola viva nell’inconscio nei duri momenti di ricovero. La voce di Sharon toccando questi argomenti si fa carico di grande intensità trasmettendo forte emozioni a tutta la platea in suo ascolto.

La passione per le cause umanitarie: una donna dal cuore altruista

Le cause umanitarie nella vita di Sharon Stone sono un aspetto fondamentale. Si tratta di qualcosa che sente di dover e voler fare, spinta da un forte interesse nell’aiutare a salvare vite umane. Il suo attivismo ha avuto inizio quando era molto giovane, aveva circa vent’anni e la sua vicina di casa affetta da HIV era una donna incinta andata in ospedale a causa di una gravidanza difficile. Quando partorì non era possibile sapere subito se anche i suoi bambini fossero stati esposti all’HIV – poi si è scoperto di sì. Così Sharon ha deciso di intraprendere il nobile cammino delle cause umanitarie raccogliendo milioni da tutto il mondo per trovare una cura all’AIDS. 38 milioni di uomini, donne e bambini sono stati uccisi da questa malattia, 33 milioni ci vivono tuttora, ma ancora non c’è nemmeno un vaccino, né una cura. Una donna di tale spicco all’interno della società che si dedica ad aiutare il prossimo senza esitazione denota un cuore enorme carico di altruismo. Al mondo servirebbero più persone così.

Le cause umanitarie prima della carriera

Nella presentazione del suo libro non cita nulla della sua grande carriera cinematografica, non un solo film, tantomeno uno dei numerosi premi conseguiti nel corso degli anni. Quando le è stato chiesto il perché e se le cause umanitarie fossero di maggior rilievo per lei, l’attrice ha affermato: “I miei film possono far star meglio le persone, è anche questo è importante, ma penso che le mie azioni umanitarie salvino vite”. Sharon cita anche gli innumerevoli pregiudizi che ci sono nei confronti dell’AIDS, i quali non hanno permesso di trovare le cure necessarie per milioni e milioni di persone. Se solo combattessimo questi pregiudizi e quelli verso le adozioni di bambini da ogni parte del mondo come combattiamo il Covid, avremmo salvato tantissime vite.

Il flirt con Bob Dylan

L’ultima domanda posta alla star del cinema riguardava un’affermazione che fece all’interno del film di Martin Scorsese, “Rolling Thunder Revue”, in cui dice di aver avuto un flirt con Bob Dylan. Si tratta senz’altro di una storia inventata, ma l’intervistatore Paolo Merghetti ha avuto la curiosità di chiederle come fosse nata l’idea. Sharon ha raccontato come tutto il cast avesse un buon rapporto con Bob Dylan, così un giorno mentre erano tutti insieme hanno iniziato a divertirsi inventando storie. Da qui è nata l’idea di questo flirt che è stata poi citata anche nel film.

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Giampiero Mughini ed i valori persi https://2021.passaggifestival.it/nuovo-dizionario-sentimentale-delusioni-sconfitte-passioni-vita/ Mon, 21 Jun 2021 11:21:24 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82193 La terza serata di Passaggi Festival ha ospitato sul palco per la Rassegna di saggistica “Libri in Piazza” Giampiero Mughini con il libro “Nuovo dizionario sentimentale. Delusioni, sconfitte e passioni di una vita”, recentemente pubblicato dalla casa editrice Marsilio. L’autore è stato intervistato da Elisabetta Stefanelli, Capo Redattrice Cultura di ANSA. Avere poco accresce desideri […]

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Giampiero Mughini Passaggi Festival 2021

La terza serata di Passaggi Festival ha ospitato sul palco per la Rassegna di saggistica “Libri in Piazza” Giampiero Mughini con il libro “Nuovo dizionario sentimentale. Delusioni, sconfitte e passioni di una vita”, recentemente pubblicato dalla casa editrice Marsilio. L’autore è stato intervistato da Elisabetta Stefanelli, Capo Redattrice Cultura di ANSA.

Avere poco accresce desideri e passioni

L’incontro si è aperto con un tuffo nel passato verso l’Italia negli anni di gioventù di Mughini, alla riscoperta del valore degli oggetti quando ancora ce n’erano veramente pochi. L’autore ci ha raccontato come per lui, all’interno della casa dei sui nonni, ci fosse un oggetto in particolare dall’attrazione magnetica: la macchina da scrivere. Gli piacque a tal punto che già all’età di 15 anni i compiti di scuola li batteva a macchina. Si può dire che abbia tratto la sua identità da tale oggetto, tanto più in un mondo in cui c’era poco e niente. Mughini ha poi aperto anche una parentesi su quanto, al giorno d’oggi vivendo nell’era del tutto e subito, ogni cosa abbia perso il suo valore poiché privata dal desiderio ardente di possederla e dall’ impegno per conseguire tale risultato.

Il valore della sconfitta

La sconfitta è il tema di fondo di questo dizionario sentimentale e ci viene mostrata come la più grande ed utile lezione di vita. Mughini infatti dice: “Impari che nella vita ci sta la sconfitta, che non è un accadimento mostruoso che è stato predisposto da un non so quale demone, la sconfitta è la cosa più normale del mondo”. Così come i successi personali portano all’accrescimento del nostro io più profondo, le sconfitte hanno un ruolo ancora più rilevante poiché ti insegnano il rispetto verso l’altro. Il termine sconfitta è spesso demonizzato a causa di una concezione totalmente negativa attribuitagli, eppure saper accettare di perdere è un tassello fondamentale nel percorso di ogni persona. Quella sensazione di amaro in bocca che ti viene lasciata dall’essere stato battuto da qualcuno o qualcosa a te ‘superiore’ crea scompiglio perché è una ferita nell’orgoglio, ma fare della delusione un motivo di miglioramento è quanto di più importante ci possa essere nella vita.

L’arte del collezionismo

Quando si parla di collezionismo c’è chi intravede questo argomento con un velo di scetticismo. Per alcuni significa accentuare la volontà di possesso verso un oggetto. Per Giampiero Mughini invece il collezionismo è tutt’altra cosa: è l’arte di sperimentare, assaporare in modo concreto il valore delle cose. La ricerca che spesso viene fatta dietro un certo oggetto porta ad intensificare l’attrazione e l’interesse verso esso. È una sorta di risveglio delle emozioni nei confronti di qualcosa che al giorno d’oggi tende ad essere privo di importanza, passando come inosservato. In Italia il collezionismo di libri è un’arte sottovalutata e certamente poco praticata, ma il nostro eccentrico Mughini è, da tanti anni a questa parte, uno strenuo difensore di questo ‘movimento culturale’.

Giornalismo: un mondo a sé stante

Quello con il giornalismo è per Mughini un legame viscerale che ha segnato la sua vita. Questo rapporto è però costituito da alti e bassi. Mughini ci spiega infatti come non si senta e non si sia mai sentito giornalista. Da questo lavoro ne ha tratto un reddito, una passione ed un’identità unica nel suo genere, eppure sente di non appartenergli a pieno. “Ci sono livelli di squallore che non vanno nemmeno menzionati”, afferma. Ha sempre percepito il giornalismo come un mondo a sé stante, senza mai riuscire a sentirsene del tutto parte. “Sono un autore di qualità, non voglio avere a che fare con questo mondo” dice riferendosi al gossip.

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Davide Reviati e la ricerca di acque più verdi https://2021.passaggifestival.it/davide-reviati-passaggi-nuvole-libro-ho-remato-lord/ Sun, 20 Jun 2021 11:53:36 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82003 La seconda serata della Rassegna di graphic novel “Passaggi fra le Nuvole” 2021, svoltasi il 19 giugno, ha avuto il piacere di ospitare il grande fumettista ed illustratore Davide Reviati con il suo nuovo libro ‘Ho remato per un Lord’ edito da Coconino Press. Reviati, dialogando con Alessio Trabacchini e Virginia Tonfoni ci ha accompagnati […]

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Davide Reviati Passaggi Festival 2021

La seconda serata della Rassegna di graphic novel “Passaggi fra le Nuvole” 2021, svoltasi il 19 giugno, ha avuto il piacere di ospitare il grande fumettista ed illustratore Davide Reviati con il suo nuovo libro ‘Ho remato per un Lord’ edito da Coconino Press. Reviati, dialogando con Alessio Trabacchini e Virginia Tonfoni ci ha accompagnati lungo un dolce viaggio di parole e passioni, alla ricerca dell’acqua più verde tanto agognata dal Lord del suo libro.

L’impervio viaggio verso nuove mete

“Ho remato per un Lord” è il racconto di un ragazzo, dal destino già scritto, che vive in una piccolo fiordo. Quando dal nulla compare un Lord, in cerca dell’acqua più verde, decide di accompagnarlo senza esitazioni. La grande ricerca nella quale il ragazzo si tuffa a capofitto rappresenta nuovi orizzonti da scoprire, la rottura di uno schema, l’inseguire il desiderio di rinnovamento. Il Lord è colui che fa prendere coscienza al ragazzo della sua vita, che gli mostra l’esistenza di un altrove facendogli capire che non è tutto in quella piccola porzione di terra. È colui che dà al ragazzo gli strumenti per poter aprire gli occhi. Questo ruolo che il Lord assume è anche traumatizzante, al punto da creare un sentimento di rabbia nel ragazzo, ma d’altronde come dargli torto. Quando ci viene mostrata la verità essa destabilizza ogni nostra convinzione, arrivando, a volte, a farci male.

L’unione di due menti geniali

Il libro in questione è la travolgente versione in immagini della prosa rude ed asciutta di Stig Dagerman, uno dei massimi scrittori del Novecento. L’idea di sviluppare delle immagini per accompagnare il suo testo in prosa è nata, nell’animo dell’illiustratore, nel momento in cui ha scoperto Dagerman, innamorandosi perdutamente della sua scrittura. Reviati ha sentito la necessità di lavorare su questo racconto con un impulso irrefrenabile, come attratto dall’irresistibile canto di una sirena, ritrovando un pezzetto di sé in quelle parole tanto crude. Il libro rappresenta l’incontro di due artisti dall’immaginario potente.
Reviati ha lo straordinario dono di portare le immagini ad un livello superiore, al punto tale da far sì che assumano una valenza narrativa e non rappresentativa. Le immagini infatti conferiscono un ritmo coinvolgente alla storia, fatto di ballo tra gli elementi parola e immagine.

L’astrazione del bianco e nero

Reviati ci racconta del suo rapporto con il colore, motivando la scelta del bianco e nero all’interno del suo libro. Per lui il colore è come se fosse disegno di per sé, è qualcosa che ha un modo tutto suo di raccontare le cose danzando sul foglio. Il fumetto, presentando regole da rispettare, mette l’autore in una posizione difficile nell’usarlo poiché è come se fosse il colore stesso a condurlo, facendolo deragliare dalla minuziosa attenzione per i dettagli richiesta da questo tipo di immagini.
“Bianco e nero è un’astrazione, l’immagine a colori si incarica di inseguire una tridimensionalità, il bianco e nero lo devi completare tu” ci dice durante l’incontro. Con il bianco e nero non esistono le luci, esiste il buio ed è tuo il compito di comprenderlo ed interpretarlo, è astrazione pura.

La resa dei conti

Reviati ha concluso l’incontro con una domanda molto significativa: “Chi non vorrebbe essere qualcun altro?”. Ebbene probabilmente questo desiderio ci accomuna gli uni agli altri, nessuno escluso. Il fulcro di tutto è accettare gli errori e le proprie imperfezioni. L’artista ha anche citato Picasso, il quale diceva che bisognava disegnare un cerchio perfetto senza alcuno strumento apposito. Ci sei solo tu ed il foglio e quel cerchio rappresenta la resa dei conti. Inevitabilmente la figura non verrà mai perfetta in quanto siamo esseri fondamentalmente imperfetti, ma sono proprio quei dettagli, quelle piccole sfaccettature di imperfezione a definire ciò che siamo. Ci definiscono come artisti, come persone, come identità uniche nel loro genere. A volte ci capita di cadere nella megalomania, entrando in un circolo di vanità e malizia e l’unico modo per uscirne è l’accettazione dei nostri limiti, che ci rende liberi dalla nostra cella di cui siamo noi stessi i carcerieri. Può far male mettere in discussione ciò che hai sempre creduto di essere, ma è proprio l’ accettare questi nostri difetti a renderci autentici.

“Accettare le imperfezioni e gli errori significa accettare chi sei tu. Questa è la strada per trovare la voce autentica di chi sei”

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Inquietudini e dilemmi esistenziali: il senso della vita con Luigi Manconi https://2021.passaggifestival.it/inquietudini-dilemmi-esistenziali-senso-vita/ Sat, 19 Jun 2021 09:07:48 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=81783 Si è aperta ieri la Rassegna di saggistica “Anno per anno”, con sede alla Chiesa di San Francesco, che ha visto come protagonista Luigi Manconi con il libro “Il senso della vita”, scritto in collaborazione con Monsignor Vincenzo Paglia. Il libro ha come filo conduttore una conversazione tra un religioso ed un poco credente, i […]

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Luigi Manconi Passaggi Festival 2021

Si è aperta ieri la Rassegna di saggistica “Anno per anno”, con sede alla Chiesa di San Francesco, che ha visto come protagonista Luigi Manconi con il libro “Il senso della vita”, scritto in collaborazione con Monsignor Vincenzo Paglia. Il libro ha come filo conduttore una conversazione tra un religioso ed un poco credente, i quali si confrontano in un serrato dibattito. Con una nota di sottile ironia reciproca mista a forte rispetto il dialogo mira a rispondere a dilemmi esistenziali presenti nella quotidianità, attribuendo così un senso alla vita.

Il più grande dilemma dei giorni d’oggi: che cosa cambierà?

Manconi è un tipo concreto, realista, guarda in faccia le cose e le chiama per il loro nome. Afferma infatti di essere scettico verso la consueta affermazione che una volta finita la pandemia tutto cambierà, poiché questo cambiamento presupporrebbe un miglioramento che non potrà mai però riguardare tutti. L’umanità in cui viviamo ha maturato una scorza talmente ruvida da superare questo trauma, ma si sono create acutizzazioni delle disuguaglianze, e proprio questo ci porta al rischio che tutto torni ad essere come prima. La pandemia ci ha costretto a guardare da molto vicino il dolore e la malattia e ogni volta che sentiamo la concretezza della morte ci interroghiamo sul senso della vita. Queste domande la pandemia le ha proposte con una violenza tale da spogliarle da qualsiasi astrattezza.

Un senso di fratellanza in questo grande schema divisorio

Siamo stati messi con le spalle contro il muro da una situazione molto più grande di noi, che ci ha tenuti separati portando ad un rattrappirsi delle emozioni. In questa triste e drammatica situazione c’è chi ci ha intravisto un lato positivo, un senso di collaborazione reciproca che ha rafforzato il legame alla base del rapporto di convivenza in una società civilizzata. La stragrande maggioranza della popolazione ha optato per un comportamento responsabile, ritenendola razionalmente la cosa più giusta da fare. C’è stata anche una collettiva presa di responsabilità verso lo Stato, ma è importante tenere presente che stiamo parlando dei paesi occidentali. In molte altre parti del mondo le persone stanno vivendo realtà estremamente diverse.

Disuguaglianza planetaria

Come ben sappiamo la questione vaccini solleva un gigantesco problema di equità, che “non è minimamente stato risolto e neppure intrapreso“, come afferma lo stesso autore. Un terzo del mondo non ne dispone affatto a causa di una disuguaglianza planetaria, situazione acutizzata proprio dalla pandemia. Non approvando la liberalizzazione dei brevetti non solo è stato evidenziato lo stato di imparità, ci spiega Manconi, ma non è stata presa alcuna decisione che possa dare una soluzione. La lettura realista dell’autore riguardo la situazione che sta coinvolgendo noi tutti ci deve portare ad affrontare le evidenti contraddizioni presenti, rispondendo alle nostre domande morali che richiedono soluzioni intelligenti e sensibili.

Definirsi poco credente

Marino Sinibaldi, l’intervistatore, ha sollevato un’importante questione sulla definizione ‘poco credente’. Ha affermato che l’idea che lui si debba definire non credente perché non crede in una cosa specifica, pur credendo in una serie di valori molto profondi (come per esempio la vita eterna) non gli pare giusta. Quindi perché definirsi poco credente? Manconi ci parla di un percorso, spiegandoci come egli non sia  ateo, e come non crede nemmeno che lo si possa essere. Ci dice poi che il termine laico è legato ad una concezione anticlericale ottocentesca. D’altra parte non è nemmeno agnostico, perché significherebbe essere indifferente verso questioni trascendentali. Afferma quindi che avendo la consapevolezza che non raggiungerà la fede, per lui poco credente significa avere una “posizione di ascolto, ma anche di attesa. Proprio per questo nel trovare la definizione più adatta che potesse descriverlo ha deciso di non escludere la parola credente..

Chi ha fede ha sul principio dell’autodeterminazione un principio che rimanda ad un qualcosa di esterno, a un Dio. Il mio principio di autodeterminazione parte da me. Sono io che rivendico la mia libertà personale

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