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Il 21 marzo è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, istituita dalle Nazioni Unite nel 1966 con la Risoluzione 2142 (XXI). La ricorrenza aveva ed ha ancora il preciso intento di sottolineare la necessità di un impegno costante nella lotta a tutte le forme di marginalizzazione e discriminazione razziale.

Dal 1979 l’assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilì che l’intera settima a partire dal 21 marzo fosse dedicata alla sensibilizzazione ed all’impegno nei confronti di quelle comunità che ancora oggi subiscono le conseguenze di razzismo, xenofobia ed intolleranza.

Perché fu scelta proprio questa data?
La scelta del 21 marzo non è una casualità; in questa data, infatti, ricorre, l’anniversario di uno dei momenti più violenti del secondo dopoguerra: il massacro di Sharpeville in Sudafrica.

QUANDO LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE VIENE ISTITUZIONALIZZATA: L’APARTHEID

In quel periodo il Sudafrica era un paese afflitto da una piaga terribile: il sistema dell’apartheid, che dal ’48 aveva istituzionalizzato il razzismo e la segregazione dei gruppi non bianchi del paese intensificando sempre di più le forme di repressione e di separazione, in un’escalation costante di violenza legittimata a livello istituzionale.

Una caratteristica che permise al sistema dell’apartheid di durare circa quaranta anni fu l’istituzione di norme di sicurezza strettissime, volte a stroncare sul nascere ogni forma di protesta o di resistenza.

Come già specificato in precedenza il consolidamento di tale sistema fu graduale ed andò di pari passo con l’ascesa al potere del National Party – il partito che aveva coniato il termine proprio nel corso della campagna elettorale che lo portò alla vittoria delle elezioni del ’48 – che arrivò a rappresentare quasi tutta la popolazione bianca del paese e ad ottenere il sostegno ideologico delle Chiese e del settore imprenditoriale emergente degli afrikaner.

A partire dagli anni ’50 il Regime attuò un controllo dei flussi migratori interni al paese volto ad evitare il più possibile l’accesso degli africani alle aree urbane caratterizzate da un maggiore sviluppo economico.

Sempre in quel periodo il Governo fu impegnato, attraverso l’approvazione del Population Registration Act, in un’opera di rigida separazione su base razziale: ogni persona era assegnata ad una diversa categoria razziale, i criteri furono folli – uno dei test per essere assegnati ad una determinata categoria consisteva nell’infilare una penna tra i capelli, se questa fosse rimasta incastrata allora la categoria sarebbe stata ‘africano’- e spesso furono divisi interi nuclei familiari.

Si passò poi all’istituzione di modelli di segregazione nell’Istruzione dalle scuole primarie alle università. La popolazione nera fu marginalizzata sotto ogni aspetto: a livello di sanità, dal punto di vista lavorativo e giudiziario, tutto questo portò ai così detti “anni d’oro dell’apartheid”: gli anni ’60.

IL MASSACRO DI SHARPEVILLE

Durante gli anni ’50, soprattutto nelle aree urbane, si erano diffuse forme di resistenza organizzate e di lotta di massa. Nel ’55 l’African National Congress (ANC) riuscì a dare vita ad una coalizione che raccoglieva al suo interno un ‘ampia fetta di forze della società Sudafricana in lotta contro l’apartheid.

L’opposizione in quegli anni si andò, però, polarizzando: da un lato, infatti, vi erano i multirazzialisti dell’ANC (che aveva tra le sue file anche indiani, coloured e bianchi), dall’altro nel 1959 fu creato il Pan-Africanist Congress, un movimento totalmente africano che rivendicava i diritti della popolazione nera.

Nonostante questa divisione, rafforzata ovviamente anche dalla frustrazione derivata dall’impossibilità di superare il sistema dell’apartheid dal punto di vista delle istituzioni governative, l’ANC ed il PAC organizzarono una campagna di protesta contro le leggi sui lasciapassare nella township di Sharpeville nell’area del Vaal: era il chiaro segnale di un forte aumento delle forme di protesta a livello nazionale.

Il governo rispose brutalmente ed il 21 marzo 1960 a Sharpeville 69 persone – prevalentemente studenti ed in generale membri nel mondo accademico- vennero massacrate dalla polizia.

L’8 aprile successivo l’ANC ed il PAC vennero messi al bando ed iniziò così il periodo probabilmente più buio e violento del regime dell’apartheid che vedrà formalmente la sua fine solo il 27 aprile 1994 con le elezioni vinte da Nelson Mandela.

LIBRI PER RICORDARE E RIFLETTERE

Un saggio molto utile per chiunque voglia comprendere le dinamiche storiche che portarono allo sviluppo dell’apartheid e alla sua fine è ‘Breve storia del Sudafrica – Dalla segregazione alla democrazia’ di Mario Zamponi, pubblicato nel 2009.

Se il regime dell’apartheid è formalmente finito da diversi anni, la piaga del razzismo continua ad affliggere il Sudafrica e moltissimi popoli e società. Il razzismo è un fenomeno transnazionale e diffuso, presente nelle nostre società in molteplici forme, alcune più altre meno evidenti.

Secondo uno studio di Oxfam del 2019 la disuguaglianza sociale nel mondo ha raggiunto limiti intollerabili: lo scorso anno le fortune degli ultramiliardari sono aumentate del 12 % mentre la parte più povera dell’umanità – 3,8 miliardi di persone – hanno visto decrescere quello che avevano dell’11%. Questo significa che se tra i paesi occidentali e quelli del sud del mondo il gap è ancora indubbiamente molto ampio, anche nelle nostre “roccaforti di benessere” le disuguaglianze sociali aumentano vertiginosamente.

Cosa succede, pertanto, nel momento in cui i nuovi poveri incontrano i poveri di sempre, vittime secolari dello sfruttamento perpetrato su base razziale?

Mi piacerebbe che a rispondere fosse Nelson Mandela attraverso le pagine di un libro fondamentale per la comprensione del fenomeno apartheid e non solo, ovvero ‘Lungo cammino verso la libertà. Autobiografia’:

“Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione o della classe alla quale appartengono. Gli uomini imparano ad odiare, e se possono imparare ad odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio.”

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