Indice
Tante supposizioni sono state fatte sulla vita di Emily Dickinson. Quasi nessuna è certa o confermata, se non la data della nascita, il 10 dicembre 1830 e quella della morte, il 15 maggio del 1880.
La vita sui generis di Emily Dickinson
Una di queste supposizioni potrebbe essere quella che la Dickinson non avrebbe celebrato la giornata internazionale della famiglia. E quest’ultima cade, ironicamente, proprio nel giorno dell’anniversario della sua morte.
Si potrebbe avanzare questa ipotesi non tanto per le opinioni politiche della poetessa americana. Anzi, lei aveva una concezione della vita molto sui generis, che non poteva essere inquadrata in nessuna corrente politica o artistica del tempo, conservatrici o progressiste che fossero. Questo lo possiamo affermare a posteriori, poiché è soltanto dopo la sua morte che il suo talento poetico è stato rivelato.
La Dickinson ha infatti sempre vissuto una vita molto appartata, uscendo solo di rado dalla casa del padre. La sua era sicuramente una scelta dettata dall’umiltà, come dimostra la sua poesia “Io sono Nessuno” nella quale elogia chi non gracida come una rana il proprio nome al fango.
Io sono Nessuno! Tu chi sei?
Sei Nessuno anche tu?
Allora siamo in due!
Non dirlo! Potrebbero spargere la voce!
Che grande peso essere Qualcuno!
Così volgare — come una rana
che gracida il suo nome — tutto giugno —
ad un pantano in estasi di lei!
Ma alcuni critici credevano che l’aver condotto una vita appartata fosse anche la dimostrazione che l’autrice strizzasse l’occhio a una mentalità conservatrice e puritana, quale era quella di suo padre e della sua famiglia in generale. Erano infatti di religione protestante e molto devota.
Invece era molto probabilmente tutto il contrario. Più che una ragazza timida e senza larghe vedute, si potrebbe definire la Dickinson un’outsider, il cui spirito ribelle trapela dalle sue esperienze di vita e dalle sue poesie.
Emily non ha mai voluto seguire le regole che il padre e la società volevano imporle. Per esempio, la poetessa abbandonò le scuole superiori dopo solo un anno, poiché intollerante al seminario femminile nel quale studiava. Il padre, comunque, fu ben contento che Emily potesse studiare a casa, preoccupato che il sapere potesse avere effetti deleteri sul modo di pensare della figlia.
Solitudine, sapere e storie d’amore
La Dickinson, però, non rinunciò agli studi e divenne un’autodidatta, riducendo anno dopo anno i suoi contatti con l’esterno, ma aumentando, grazie ai libri, le sue conoscenze nei più svariati ambiti dell’esistenza. Dopo i 25 anni, decise definitivamente di passare il resto della sua vita quasi in completa solitudine. La ragazza rinunciò persino alla carriera da insegnante, già scritta per le donne zitelle e intelligenti. Inoltre non si sposò mai, anche se non sembrano essere mancate nella sua vita relazioni extraconiugali, anche fisiche (pare che una di queste fosse con un uomo sposato).
Oltre alla corrispondenza, le uniche vere testimonianze sulla sua vita privata le abbiamo grazie alle sue poesie, poiché è qui che la poetessa esprime in maniera totalizzante se stessa. La seguente dimostra come Emily Dickinson non fosse proprio una puritana.
Notti selvagge – Notti selvagge!
Fossi io con te
Notti selvagge sarebbero
La nostra voluttà!
Futili – i venti –
Per un Cuore in porto –
Via il Compasso –
Via la Mappa!
Vogare nell’Eden –
Ah, il Mare!
Potessi soltanto ormeggiare – stanotte –
In te!
Lungi dai blogger del XXI secolo giudicare i suoi eventuali comportamenti promiscui, date anche le lacune riguardanti la sua biografia, ciò non toglie che la Dickinson stava, di fatto, conducendo una sua personalissima rivoluzione contro il vivere comune che, senza che lei lo sapesse, avrebbe influenzato positivamente molte donne delle successive generazioni nel difficile processo dell’emancipazione.
Anche lo stile è rivoluzionario
Questo spirito ribelle si può anche vedere dallo stile delle poesie. Apparentemente molto ligie alla tradizione, data la forma metrica del sonetto, non presentano però la punteggiatura. Per dividere i versi, Emily Dickinson utilizza le lineette. La lineetta è un segno peculiare per una poesia dell’ottocento e rispecchia la visionarietà del poetare dickinsoniano. Il trattino assomiglia infatti a una rivelazione che produce meraviglia e suspence di fronte a qualcosa che può sembrare comune.
Inoltre è rivoluzionario il suo lessico. Ai molti verbi di percezione, molto vaghi e quasi metafisici si alternano termini di una precisione anatomica e giuridica. Il verso Sentivo un funerale nel cervello ne è la prova: Sentivo è un verbo di percezione, cervello invece è molto preciso e riporta subito alla realtà.
Silvio Raffo, durante una lezione all’Università degli studi di Milano, ha giustamente notato come la scrittrice avesse osato ancora di più rispetto agli avanguardisti. Troppo comodo scrivere “a vanvera” come alcuni dell’avanguardia. – dice Raffo – Questo stile inquieta molto di più che il semplice “urlare” e creare effetti speciali. Il suo è un esprimersi ordinato con materiale incandescente e visionario. Questa è la perfezione, la perfezione della naturalezza.
Dì tutta la verità, ma dilla obliqua
Una delle sue poesie più famose è quella sulla sua concezione della verità:
Di’ tutta la verità ma dilla obliqua –
Il successo sta in un Circuito
Troppo brillante per la nostra malferma Delizia
La superba sorpresa della Verità
Come un Fulmine ai Bambini chiarito
Con tenere spiegazioni
La Verità deve abbagliare gradualmente
O tutti sarebbero ciechi.
Anche qui Emily svela una moralità non tradizionale. L’imperativo morale classico è infatti quello di dire tutta la verità, che lei non disdegna. Anche questo è segno di grande intelligenza, poiché non vuole essere alternativa a prescindere. Però aggiunge sempre qualcosa di suo. Qui, per esempio, dice che la verità va detta obliqua così che possa essere accettata. Spesso infatti la verità è scomoda e può spaventare. Gli uomini, secondo la Dickinson, sono troppo fragili poiché la delizia di cui si compiacciono è malferma e pertanto facilmente minabile. La verità, che è una superba sorpresa, va spiegata e interpretata, come il rumore di un tuono a un bambino.
L’ossessione di Emily Dickinson per la morte
La Dickinson scrive molto riguardo alla morte, ma soprattutto della vita dopo la morte. Anche qui, nonostante si possa avere l’impressione di una donna devota ai dettami del cristianesimo, che crede nell’importanza del vivere la propria vita in funzione dell’ammissione alle porte del Paradiso, l’aldilà dell’autrice è decisamente originale. Talvolta, anzi, sembrerebbe quasi blasfema. In questi versi, per esempio, la poetessa afferma che il suo amato potrebbe addirittura oscurare il volto di Cristo.
Nemmeno potrei risorgere – con te –
Perché la tua faccia
Spegnerebbe quella di Gesù
La nuova grazie –
Ai miei occhi nostalgici
Diverrebbe comune – e straniera
A meno che tu di lui non brillassi più prossimo –
Oppure afferma di preferire l’Inferno, piuttosto che stare senza l’amato, ricordando molto i peccatori d’amore per eccellenza, Paolo e Francesca.
tu mi saturavi la vista –
e non avevo altri occhi
per un’eccellenza sordida
come il paradiso
[…]
E se tu fossi – redento –
E io – condannata a essere
Dove non sei tu –
Quel mio essere – sarebbe un inferno
La rivoluzione di Emily Dickinson: parlare a tutti gli uomini
In quest’ultima poesia la Dickinson descrive perfettamente e rispettosamente la situazione che si crea all’interno di una casa il giorno dopo un lutto. La sua penna disegna emozioni che, purtroppo, non hanno tempo, non hanno luogo, non hanno identità.
Il Trambusto in una Casa
Il Mattino dopo una Morte
È la più solenne delle faccende
Compiute sulla Terra –
Spazzolare il Cuore
E mettere da parte l’Amore
Non avremo più bisogno di usarlo
Fino all’Eternità –
La Dickinson è in grado di descrivere in modo molto naturale ciò che è accaduto ed è come se incoraggiasse il lettore (o se stessa, visto che non ha mai voluto pubblicare le sue poesie) a prendere atto di quello che è avvenuto, sapendo che la vita deve continuare. L’amore per chi è mancato deve essere messo da parte, poiché non vi sarà bisogno di usarlo fino a quando l’eternità li riunirà.
Nonostante quindi si tratti di un quadretto “familiare”, Emily non celebra le etichette tradizionali del vivere sociale, come quella di famiglia. A lei interessavano le epifanie della vita degli uomini e dell’universo intero. Ed è questa la sua rivoluzione, il suo miracolo laico: il fatto di raggiungere il cuore di tutti e di toccare ogni punta dell’universo, dalle emozioni più alte ai cocci di una tazza di porcellana. E lo fa nonostante la sua volontà di isolarsi dal mondo. La Dickinson, anche dal suo completo isolamento, parlava ad ognuno di noi noi.