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Qualche giorno fa ricorreva il quarantesimo anniversario della scomparsa di Gianni Rodari: era il 14 aprile 1980 e a Roma moriva quell’eccezionale intellettuale che aveva rivoluzionato tutti i modelli educativi. Una figura importante, quella di Rodari, per la scuola, la letteratura, il giornalismo e l’impegno politico nell’Italia del Novecento, un personaggio poliedrico che ha segnato la storia e che non possiamo non ricordare.
Nato a Omegna, sul lago d’Orta, il 23 ottobre 1920 – quest’anno ricorre anche il centenario della nascita – dopo alcuni anni di seminario, in cui trovava umiliante la disciplina, consegue il diploma magistrale, a soli 17 anni, preparando da solo in un anno il programma dell’ultimo biennio; poi si iscrive a Lingue ma non si laureerà. Inizia così la carriera, seppur breve, di maestro. Fin da subito si contraddistingue per la sua attenzione particolare per la parola, per incentivarne un uso insolito e anticonformista; sapeva comunicare e ascoltare i bambini, ma anche farli giocare e divertire.
Negli anni ’50 intraprende la carriera da giornalista, da prima come inviato speciale per L’Unità, e dato che era stato maestro, gli vengono affidate subito alcune rubriche per l’infanzia; poi per Paese Sera, finendo per diventare il direttore del Pioniere, a Roma, la pagina più significativa del giornalismo per ragazzi.
Il giornale, laico e progressista, parlava della resistenza, delle lotte dei lavoratori, di pace, e insieme all’Associazione dei Pionieri radunava tutti quei ragazzi che avevano voglia di studiare e conoscere la realtà.
Proprio negli anni del giornalismo inizia a scrivere, quasi per scherzo, storie per bambini, prima attraverso pseudonimi e poi in maniera esplicita, tanto da farne il suo mestiere per eccellenza. Costituisce l’aspetto più importante per cui tutti lo ricordano, lo scrittore di favole e filastrocche per bambini.
Grazie alla sua ricca produzione, Rodari nel 1970 ha ricevuto il Premio Andersen, quello che è considerato il nobel per la letteratura per l’infanzia, l’unico italiano finora ad aver ricevuto questo ambito riconoscimento. La sua fama travalica così i confini nazionali, tanto che i suoi libri vengono tradotti in molte lingue. Ha avuto il merito di sottrarre questo genere di letteratura dalla condizione di produzione minore, innalzandola a letteratura a tutti gli effetti, nella sua affascinante complessità.
Il bambino al centro e il potere delle parole
Nonostante la sua inconfondibile vena letteraria, Rodari va ricordato per come ha cercato di riformare la scuola e soprattutto la figura dell’insegnante, insieme al Movimento di Cooperazione Educativa (nato a Fano nel 1951).
Per prima cosa ha messo al centro della scuola il bambino, dandogli così uno spazio adeguato e un ascolto attento e proponendo contemporaneamente un’idea di società diversa, moderna, amica dell’infanzia e dei bambini.
Gianni Rodari è stato senza dubbio il maestro della libertà; ha sempre parlato a tutti, grandi e bambini, affinché ci si risvegliasse dal torpore della “normalità” per immaginare e cambiare il mondo e renderlo migliore. E lo ha fatto ricordandoci il potere della parola: la cosa di cui siamo più schiavi. Per evitare il rischio di cadere intrappolati nelle parole, è importante riscoprirne il potere liberatorio, imparare a usarle in maniera creativa, fantastica, controcorrente, in modo da immaginare e credere in un mondo ogni volta in divenire.
Le parole diventano così il materiale per inventare storie nuove. Il suo motto “tutti gli usi della parola a tutti” racchiude perfettamente il suo pensiero, affinché la parola sia per tutti fondamentale, non per diventare artisti ma per non essere più schiavi. E in questo sforzo di pensare le cose altrimenti e inventare nuovi mondi, Rodari ha invitato i bambini a fare le cose più difficili come “dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi”.
Ha cercato attraverso l’insegnamento, i suoi libri, il suo impegno politico di rompere gli schemi, i pregiudizi, e i luoghi comuni. Un esempio letterario è costituito da “Le filastrocche al rovescio”, in cui i protagonisti ribaltano i loro ruoli classici per rivestire nuovi panni, come il lupo buono che viene inseguito da Cappuccetto Rosso o la Bella addormentata che non dorme.
Un’altra particolarità delle sue storie è costituita proprio dai personaggi; non ha costruito un personaggio indimenticabile e assoluto, il suo personaggio per eccellenza come può essere Pinocchio per Collodi, ma ha costruito di volta in volta personaggi nuovi, come Cipollino, Gelsomino, il barone Lamberto o Giovannino Perdigiorno, che parlassero di bambini veri, calati in un tempo e in un luogo precisi, senza ricorrere a eroi di proiezioni ideali.
La potenzialità delle parole la si riscopre anche attraverso gli errori. Possono, infatti, costituire la miccia per costruire nuove storie.
Ne “Il libro degli errori” parla sia di errori grammaticali o di ortografia, sia degli errori reali presenti nel pianeta, quegli errori insomma che non stanno solo nelle parole ma anche nelle cose; alcuni sono visibili ad occhio nudo, altri sono nascosti sotto indovinelli, alcuni sono necessari o utili, altri addirittura belli, come la torre di Pisa. Rodari ha fatto così anche degli errori un elemento fantastico e ha stimolato un approccio didattico che non inibisse i bambini per la paura di sbagliare ma anzi che li stimolasse a cercare anche nell’errore nuove sfumature e possibilità della parola. E proprio in questo libro ci ricorda un altro aspetto fondamentale della sua idea di educazione: “Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?”
Perché per Gianni Rodari è importante anche ridere durante le ore di insegnamento, è proprio giocando che i bambini imparano a conoscere meglio le cose; nelle nostre scuole, allora, ma forse ancora oggi, non si ride abbastanza e “l’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere”.
Ha, inoltre, cercato di tenere sempre alto il valore educativo dell’utopia. Si è impegnato affinché il senso dell’utopia venisse riconosciuto come un senso vero e proprio, come l’udito, la vista o l’olfatto, perché era profondamente convinto della sua importanza. Finché non arriverà il giorno del riconoscimento spetterà alla favole investire questo ruolo di mantenere acceso lo spirito della fantasia e dell’immaginazione.
Le favole, infatti, rappresentano il luogo di tutte le ipotesi, il catalogo dei vari destini e ci permettono di attivare il pensiero ipotetico-controfattuale, necessario per pensare le cose altrimenti e non rassegnarci alla ricezione passiva della realtà, continuando a chiedersi “che cosa succederebbe se …”
La grammatica della fantasia di Gianni Rodari
L’opera più significativa e importante di Gianni Rodari, la si potrebbe definire il suo manifesto. Un manuale semplice e chiaro ma allo stesso tempo stimolante e dettagliato sul tema del fantastico.
Con l’intento di racchiudere alcune strategie e giochi con le parole, ha fornito un itinerario possibile per imparare a inventare storie con e per i bambini. Per creare una storia, come spiega “il binomio fantastico”, bisogna partire dall’accostamento di due parole di solito distanti tra loro, che a primo impatto sembrano non riuscire a comunicare. Il gioco consiste proprio nel trovare una connessione tra questo binomio per dar vita a una storia divertente e fantastica.
Le parole devono essere, così, estraniate dal loro uso quotidiano per calarsi in una dimensione nuova e gettarsi così una contro l’altra in un cielo mai visto prima.
Rodari è riuscito a colpire la realtà con la fantasia, per buttare all’aria l’ordine naturale e precostituito delle cose; lo ha fatto con un linguaggio semplice e chiaro, ma allo stesso tempo moderno, attuale, concreto, legato alla realtà e critico nei suoi confronti.
Concludiamo con il suo messaggio, tra i più potenti, per bambini e soprattutto adulti, presente in questo libro decisivo:
“Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro e lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo. Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti della volontà – vuol dire che è fatta male e bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione”.
A 40 anni dalla sua morte, continuiamo a ricordare e a ringraziare Gianni Rodari per tutte le storie meravigliose e gli insegnamenti rivoluzionari che ci ha lasciato.
Grazie Giovanni per tutti Gianni
Per averci insegnato e ricordato
A interrogarci nel corso di questi anni
Su quello che ancora non abbiamo immaginato!