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Caratteri (im)mobili: il lento decollo dell’invenzione di Gutenberg
Nel corso del ‘900 il libro si è trasformato sempre più in oggetto di consumo, l’uomo contemporaneo ha a disposizione una quantità smisurata di libri: nelle librerie, nelle biblioteche ma non solo. Questi hanno iniziato con il tempo a popolare anche luoghi del tutto inaspettati: non è difficile trovare uno scaffale pieno di libri infilato tra il reparto detersivi e quello di bibite nel supermercato sotto casa. Nelle case si possono trovare libri in cucina, libri abbandonati in soffitta e persino libri in bagno.
Ci sono libri di ogni tipo ed in molti avranno provato quel senso di smarrimento che assale quando in libreria si cerca di capire come siano organizzati gli scaffali per poi lasciare che lo sguardo si abbandoni alla moltitudine sconfinata di edizioni economiche e non, di colori, copertine rigide, copertine flessibili e via dicendo.
Effettivamente, oggi, possedere dei libri è una cosa tanto comune e scontata che non risulta facile immaginare che ci sia stata un’epoca in cui un libro era un bene di lusso e possederne uno era cosa rarissima.
Una quasi invenzione
Certo che se oggi siamo così fortunati il merito è da attribuire indubbiamente all’incisore ed orafo tedesco Johann Gensfleish (noto ai più come Gutenberg) che nel 1455 inventò la stampa a caratteri mobili. In realtà sarebbe più opportuno dire che la introdusse in Europa: questa tecnica infatti era già ampiamente diffusa in Asia dall’XI secolo e la sua invenzione è attribuita all’inventore cinese Bi Sheng.
In ogni caso l’invenzione della stampa a caratteri mobili fu una vera e propria rivoluzione che determinò un impulso incredibile nella produzione e circolazione di cultura e nello sviluppo tecnologico dei mezzi di informazione: la novità essenziale era nelle matrici di stampa, che potevano essere ricomposte e smontate grazie ai caratteri che, per l’appunto, erano passati dall’essere fissi ad essere mobili ed intercambiabili; i tempi di stampa diventavano, così, estremamente brevi. In realtà tale rivoluzione fu tutt’altro che repentina: ci vollero dei secoli prima che l’invenzione diventasse di uso comune.
La lenta rivoluzione
Molti storici sostengono che le cause di questo ritardo siano da attribuire a molteplici aspetti: primo tra i quali un’alfabetizzazione poco diffusa, ad appannaggio di pochi. La stampa a caratteri mobili di Gutenberg, infatti, faticò ad attecchire soprattutto nei paesi cattolici dove il clima della Controriforma era alimentato da una precisa volontà di inibire l’alfabetizzazione del popolo così da inibire, di conseguenza, anche la diffusione del Protestantesimo. Un altro fattore che indubbiamente rallentò la diffusione della stampa fu l’attenzione che fin da subito le riservò la censura: le maggiori istituzioni dell’epoca (tra le quali troviamo ancora una volta la Chiesa di Roma) capirono subito l’incredibile potenziale della stampa e si attivarono immediatamente per appropriarsene ma anche per attuare stretti controlli.
La licenza di stampare veniva ufficialmente assegnata ad un numero ristretto di stampatori dagli organi di governo e poteva essere revocata in qualsiasi momento. Fu solo verso la fine del ‘700, con le rivoluzioni liberali, che la stampa iniziò a rivelare ed a sprigionare tutto il suo potenziale. Esercitare l’attività di stampa prima di allora significava imbattersi in una censura sia preventiva che successiva alla pubblicazione; le punizioni, inoltre, erano severissime e lo stampatore colto in fallo poteva in alcuni casi pagare anche con la morte.
Sembra assurdo pensare che, nonostante l’incredibile apporto che questa invenzione avrebbe potuto portare anche alla diffusione di notizie, per moltissimo tempo non attecchì e continuarono a circolare avvisi manoscritti. C’è da dire che la situazione era ovviamente diversa in base ai territori: nei paesi protestanti infatti la stampa ebbe maggiore fortuna e si poté assistere ad una crescita più rapida ma comunque graduale. In ogni caso si dovette aspettare la fine del XVIII secolo perché il libro stampato facesse capolino nella vita quotidiana in maniera ampiamente diffusa. Da quel momento la sua
ascesa divenne inarrestabile.