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Venerdì 18 giugno il Filosofo Leonardo Caffo ha aperto la Rassegna di saggistica Libri alla San Francesco con il suo libro “Essere Giovani” (Edito da Ponte delle Grazie), l’autore ha conversato con la critica letteraria
Un cambiamento di prospettiva
Nel libro si parla di gioventù ma non di una gioventù anagrafica. Questa, infatti, viene descritta come uno stato di grazia dal quale si può uscire ed entrare durante il corso della propria vita. Su tale possibilità Caffo ha costruito il suo lavoro ipotizzando una filosofia che organizzi le categorie del mondo dalla prospettiva dei più giovani. La filosofia occidentale, che viene maggiormente studiata negli ambienti accademici, è, infatti, una filosofia che nasce dalle domande che si sono posti uomini adulti, quasi sempre bianchi ed Europei. La rivoluzione che Caffo ci propone di fare è, pertanto, profonda e, in qualche modo, destabilizzante: assomiglia a quel passaggio che da diversi anni viene proposto dagli studi umanistici globali, attraverso i quali si intende superare la nostra concezione tipicamente eurocentrica del sapere. Ciò che Leonardo Caffo ci invita a considerare attraverso le pagine del suo libro, però, è un cambiamento di prospettiva non più geografico ma anagrafico.
Perché la gioventù?
Perché, come ha spiegato Caffo durante l’incontro, caratteristica della gioventù è proprio l’incapacità di arrivare all’universale senza prima passare dal particolare. Vera essenza della gioventù, infatti, è lo stare vivere il momento contingente, il qui ed ora, e comportarsi di conseguenza: la gioventù ci da la possibilità di stare nel momento in cui si è. Mentre gli adulti sono costantemente orientati al futuro e, in questo modo, condannati ad una totale incapacità di radicarsi, ai ragazzi rimane aperto l’accesso ad una metafisica della presenza. Mentre gli adulti sentono la necessità di intrappolare tutto in determinate categorie, i bambini sembrano comprendere meglio che esiste uno stato di cose del mondo in cui le cose sono solo lì come sono. Questo vivere il presente significa non perdere la capacità di avere stupore nei confronti del mondo. Gli unici che possono provare esperienza estetica, secondo Caffo, infatti sono proprio i ragazzi.
Come recuperare questa dimensione perduta?
Leonardo Caffo ci mette in guardia, però, da una possibile banalizzazione del messaggio: il suo lavoro, infatti, non ci dice che essere giovani sia necessariamente bello ma dovrebbe portarci a ripensare a quanto e perché nella nostra società venga sopravvalutato, e spesso accelerato, il processo di maturazione. L’autore, infatti, ci invita a porci alcune domande: qual è il sistema dogmatico per cui noi abbiamo accettato di diventare adulti? Perché abbiamo accettato di invecchiare? Esiste nel nostro stesso modello di vita uno stato in cui tutto è diverso? Si può ambire in qualche modo a questo stato? Caffo ci dice di sì, proprio perché la gioventù non è solamente un fattore anagrafico. Non si tratta sicuramente di un processo facile poichè la società in cui viviamo è la prima ad ostacolarci. È comodo, infatti, che si invecchi prima del tempo per un sistema, quello capitalista, che ci vuole consumatori facilmente manovrabili e controllabili: i giovani, d’altra parte, sono completamente imprevedibili e per questo si chiede loro di maturare in fretta.
La filosofia e l’arroganza assurda di cambiare le cose
Il libro ha la funzione di capire se la gioventù sia un qualcosa a cui si possa tendere per tornare, così, a riconsiderare un sistema di pensiero e di vita al quale potremmo sembrare condannati. La provocazione di Caffo sta proprio nel dire che, come la gioventù, la filosofia deve avere l’arroganza assurda di cambiare le cose e immaginare il modo di sovvertire tutto e che, per questo motivo, in fondo non esiste filosofia al di fuori della gioventù.