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La nona edizione di Passaggi Festival, per la Rassegna Europa Mediterraneo, ha visto come protagonista Tatjana Dordevic Simic. A conversare con lei Anna Latanzi, critica letteraria. Tatjana è una giornalista affermata, impegnata dal punto di vista pratico lavorativo, ma anche sociale. Il libro che presenta, intitolato ‘Il pioniere’ (Besa muci editore) è diretto, chiaro, ma soprattutto ricco di coraggio. Ha contenuti di spessore che parlano di guerra, di genocidio. Tutti argomenti su cui ognuno di noi ha il dovere di essere informato.
Il potere del singolo
Quando un paese è completamente allo sbaraglio, al punto che tutto sembra perduto, la forza di un’unica persona difficilmente può fare la differenza. In un paese che coltiva odio, invece di valori come fratellanza, rispetto e altruismo, il singolo che cosa può fare? La scrittrice sostiene che anche l’individuo ha potere, certo non ha il potere di cancellare il passato, né di prevedere il futuro, ma può cambiare il presente. Tatjana è una donna che crede fortemente nella resilienza, nel potere dell’umanità. Bosko, il protagonista del suo stesso libro, che a tratti la rispecchia nel vissuto, non si arrende mai. È un ragazzo che si contraddistingue per il categorico rifiuto nei confronti del vittimismo ed è in cerca del suo riscatto. Cresciuto negli anni di guerra in Jugoslavia, Bosko si ritrova immerso in un paese “insanguinato fino alle ginocchia, ma aveva un’illusione di pace”.
Saper raccontare senza aggredire
La scrittrice ha una grande capacità: quella della non aggressività. Non aggredisce il lettore ed ha una forma narrativa equilibrata, armonica e delicata. Essendo per Tatjana la scrittura il suo pane quotidiano, in quanto giornalista, l’idea di scrivere questo libro è nata in modo spontaneo. “Il pioniere” attraverso il personaggio di Bosko racconta gli aneddoti che riguardano personalmente la scrittrice e le persone che le sono state vicine. È un libro che vola nei tempi, cominciando con una visione fanciullesca di un bambino, nato dopo la morte del Presidente Tito e che vive i primi anni di vita in un paese post-comunista. Dopo la caduta di Tito sono cominciati grandi cambiamenti. Il pioniere è la storia di un ragazzo che non avendo consapevolezza di sé e di ciò che lo circonda osserva tutto con divertimento. Iniziati i bombardamenti però inizia a capire. Quello è il momento cruciale in cui comprende veramente, insieme a tutti i suoi amici e a chiunque altro nel paese, cosa stava succedendo. Inizia una consapevolezza, per poi arrivare a qualcosa di più concreto.
Un passato incancellabile
Parte del libro racconta la vita di questo ragazzo costretto a lasciare il suo paese, cercando di staccarsi dal suo passato. Si tratta di un passaggio molto difficile per Bosko. Il passato non è qualcosa che si dimentica andando dall’altra parte del mondo, è qualcosa che tornerà sempre a galla. È un desiderio spesso ricorrente e comprensibile quello di volersi lasciare alle spalle ricordi tanto difficili, ma si tratta di qualcosa che fa parte di te e ti fortifica. Alla fine Bosko è riuscito a capire che è proprio il passato che gli ha dato la forza di diventare la persona che è oggi. La paura immobilizza l’anima, ma puoi anche scegliere di affrontarla. “Puoi rimanere chiuso in questo stato di limbo o pensare e scegliere di affrontare queste cose” dice Tatjana “sono i momenti dove uno si chiede se vuole rimanere in questo stato di incertezza o se vuole capire cosa sta succedendo veramente”. Una cosa è certa: non si possono fare paragoni tra pandemia e bombardamenti.
L’insegnamento coercitivo
La maestra è una figura molto importante nel corso del libro. La sua figura era, all’epoca, molto importante. Per Bosko era il primo collegamento con il Presidente Tito, poiché nell’aula era sempre presente. C’era una sua foto appesa al muro e si parlava di lui in continuazione, raccontando storie. Il lutto dopo Il Tito è durato quasi 10 anni. La maestra usava ogni occasione per raccontare la sua importanza. Tito era visto come un eroe, un leader, anche come una sorta di amico. Dopo la caduta del mito di questa figura persino la maestra aveva iniziato a dire che era in arrivo un nuovo inizio. A Bosko non vennero date spiegazioni, così come a nessun altro dei bambini. Non era necessario che loro sapessero, la situazione era così e basta. Da lì comincia un’altra storia: il grande leader tanto venerato diventa nemico, dittatore, colui che ha fatto male.
Amori ‘scomodi’
Nel libro non manca una travolgente storia d’amore tra il protagonista e una ragazza conosciuta in Italia. Bosko arrivato nel paese si innamora per caso di una ragazza albanese, senza che ci fosse nulla di male. È uno di quegli amori ‘illeciti’ che, in un paese in guerra, sono impensabili perché si tratta di due comunità in contrasto. Sono storie d’amore che possono portare ad una brutta fine. L’amore presente nel libro sconfigge ogni sorta di male e di odio, un odio radicato e sfortunatamente presente anche al giorno d’oggi in questi paesi. L’amore è uno degli strumenti necessari e fondamentali per la reattività. È quanto di più importante ci possa essere.
“Ognuno di noi è libero di scegliere e questo è un dono prezioso”