Carola Fanti | Fano – Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/ Passaggi Festival. Libri vista mare Sat, 26 Jun 2021 13:11:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8 https://2021.passaggifestival.it/wp-content/uploads/2020/03/cropped-nuovo-logo-passaggi-festival_rosso-300x300-1-32x32.jpg Carola Fanti | Fano – Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/ 32 32 Mariangela Gualtieri – Una poesia che trasuda armonia e conciliazione con la vita https://2021.passaggifestival.it/poesia-trasuda-armonia-conciliazione-vita/ Sat, 26 Jun 2021 13:00:38 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82880 Mariangela Gualtieri presenta "quando non morivo" a Passaggi diVersi.

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La chiesa di San Francesco si illumina di poesia per l’ultima volta in questa edizione di Passaggi Festival, ospitando la poetessa Mariangela Gualtieri che presenta “QUANDO NON MORIVO”, raccolta poetica che propone con armonia una possibilità di conciliazione con la vita. Conversa  con Roberto Galaverni, critico letterario del corriere.

Un sovvertimento dei canoni poetici tradizionali

Il motore dell’incontro sono le riflessioni da cui scaturiscono poi molteplici spunti, non viene mandato avanti prevalentemente da domande. Il primo spunto lo offre Roberto Galaverni, che nota come la poetica di Mariangela si stacchi dal filone “negativo, pessimistico” del 900 come quella di Caproni o Zanzotto. La Gualtieri possiede un modo diverso di concepire la poesia, affermando infatti che la sua più grande sfida sia quella di comporre versi che facciano credere nella possibilità di riconciliazione con la propria vita, versi in grado di spingerci verso l’armonia poiché la poesia è quel luogo meraviglioso in cui si è selvaggi ma allo stesso tempo ragionevoli.  Un poeta sa che vivere spesso significa anche soffrire, e dunque come conservare quella convinzione che nella nostra esistenza ci sia ancora un filo buono? “Non tenendo gli occhi chiusi, riuscendo a percepire delle frequenze positive riconoscendone l’energia, che contempla l’accettazione della morte” , Esordisce lei.

La ciclicità della vita e la fecondità nella scrittura

Nei suoi componimenti è forte il senso di nascita, di morte e di vite che si danno la mano, conferendo continuamente quella ciclicità dell’esistenza che si rispecchia nella poesia: le caratteristiche espressiva più frequenti sono la dinamicità e la scorrevolezza dei paesaggi che non sono mai statici. Per quanto riguarda i personaggi e le parole, sono volutamente fecondi e gioiosi e trasudano vita ed armonia: sono riscontrabili piante come nel componimento “il quotidiano innamoramento” (in cui il richiamo alla natura è frequente) , bambini di cui ci parla durante la lettura di “divinità domestiche” , e animali con i quali chiuderà l’evento. Inoltre la poetessa tende a non presentare maggiormente un singolo individuo, ma tutta la specie umana.

Il cammino da attrice a poetessa

Galaverni le chiede quale vento l’avesse spinta ad approdare verso il mondo della poesia, quando il suo destino come attrice era già chiaro e segnato. La donna risponde spiegando che il lavoro da attrice le dava inquietudine, non le piaceva. La colpì poi la malattia che la mise in ginocchio “E in quel vuoto mi si sono aperte le mani che tenevo sempre aggrappate a qualcosa, e nelle mani vuote è giunta la poesia”. La sua condizione da inferma fu quasi un miracoloso risveglio, un evento che segnò la sua vita e il suo modo di concepirla: da quel momento in poi, spiega lei, divenne calamita per i termini che inserisce poi nella sua poesia, “non prendevo le parole, erano le parole a prendere me.”
Ammette anche che il suo grande maestro è stato Dante Alighieri, per l’esattezza è stata folgorata dalla capacità del poeta fiorentino di narrare il paradiso e di descrivere l’amore come quella grande forza che “move il sole e l’altre stelle” : da ciò apprende una lezione che concretizza nel “narrare il paradiso” utilizzando le parole più umili.

Il requiem e la sua “rivisitazione”

Possiamo immaginarci la poetessa Gualtieri seduta per terra (è così che confessa di scrivere) che tenta un approccio diverso all’imponente e colossale requiem, testo solenne ed inquietante per i defunti. “Ho deciso di comporre una poesia che non vuole ricordare i morti con le palpebre sigillate per sempre” afferma lei prima di leggere il suo componimento. Anche in questo caso, la leggerezza cerca di insinuarsi in questo baluardo così solenne, mitigando ed attenuando quell’idea asfissiante dell’eterno riposo. Innanzitutto è bene chiarire che  originariamente questa rivisitazione è stata dedicata ai morti del terremoto dell’italia centrale, ma in questo frangente la donna lo dedica ai morti di questo tempo. Segue la lettura: l’augurio che trapela da queste parole così calde e consolatorie è quello di un’adesione da parte dei defunti a tutto ciò che ci circonda, come negli elementi della natura, nella risata di un bambino, nelle piccole cose.

L’attenzione è la preghiera spontanea dell’anima

Galaverni le chiede di riflettere su un ultimo spunto prima di concludere l’evento :”Nel requiem ti auto-accusi di disattenzione, ma la poesia non è una forma altissima di attenzione?” Effettivamente è così, inoltre la poetessa aggiunge che ciò che si scrive, si incanala solo dopo averne concluso la scrittura. Conclude la risposta alla domanda con la lettura del componimento “fiore” , che ha come protagonista appunto l’attenzione che va riservata ad ogni cosa.
L’evento si avvia alla conclusione con la lettura di due poesie che la Gualtieri definisce “stizzite”, in quanto composte durante un periodo poco felice, e infine alcune poesie sul mondo animale.

 

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Umberta Telfener – un viaggio all’interno della psicologia del primo innamoramento https://2021.passaggifestival.it/umberta-telfener-viaggio-interno-psicologia-primo-innamoramento/ Fri, 25 Jun 2021 06:59:42 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82697 Umberta Telfener espone "I primi amori: uno nessuno centomila" a Passaggi Festival, approfondendo l'aspetto psicologico del primo innamoramento.

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Umberta Telfener Passaggi Festival 2021

Il giorno 24 Giugno, in occasione di Passaggi Festival,  nella meravigliosa chiesa di San Francesco Umberta Telfener psicologa, epistemologa, docente di psicologia, ha presentato il suo libro “Primi amori: uno, nessuno, centomila” che analizza il fenomeno del primo innamoramento attraverso storie concrete e di come questo si sia evoluto con il passare del tempo. L’esposizione nel libro è stata sostenuta dalla conversazione con Clelia Raffaele e Lorenzo Pavolini.

Un libro di relazioni partorito durante la pandemia

Un libro la cui protagonista è la relazione con l’altro nasce paradossalmente durante il lockdown, dunque in un periodo di limitanti costrizioni che gravavano sulla quotidianità e azzeravano qualsiasi rapporto umano. È stato il Lockdown, ammette Umberta, ad averla convinta a scrivere “I primi amori”.  “C’è bisogno di parlare d’amore di questi tempi” esordisce lei, aggiungendo anche che è stato consolatorio comporre il suo libro, in quanto durante il giorno si intratteneva in chiamate Zoom o Skype per parlare di un tema che da generazioni scalda il cuore: il primo amore. Ovviamente la ricerca e in seguito la raccolta di storie da inserire all’interno del suo saggio si è estesa anche dopo il periodo di chiusura forzata: il risultato finale è un saggio di psicologia molto vicino al romanzo, in cui si intrecciano molteplici narrazioni riguardo il primo amore, ed è interessante notare come ognuno di noi si rispecchi in determinate storie e punti di vista, perché l’amore è universale e non ne possiamo fare a meno.

I primi amori in realtà sono due: approfondendo la psiche dell’innamorato

Alla domanda “parlami del tuo primo amore” si ramificano tre tipologie di atteggiamenti: Il primo tipo appartiene alle persone molto romantiche, a cui si illuminano gli occhi solo al pensiero della persona in considerazione, per poi intraprendere una narrazione spassionata e travolgente. Il secondo tipo afferma che “Ogni amore è un primo amore”, mentre il terzo tipo esordisce dicendo che l’amore è uno sconosciuto, è inutile, uno mero strascico di idealizzazione antica che fa soffrire.
Ma diversi individui hanno anche risposto “posso raccontarne due?”. L’autrice ascolta attentamente e trae poi le conclusioni: effettivamente nella vita si inciampa in due tipi di sentimenti, entrambi talmente importanti da essere inglobati nella definizione “primi amori”. Il primo viene denominato dalla TelfenerRisveglio emotivo” , dunque quella fase in cui i sentimenti per la prima volta bussano alla porta, un innamoramento delicato, adolescenziale e ingenuo. Il secondo tipo viene apostrofato come “amore travolgente, composto da lacrime e sangue” , quindi una relazione più matura e passionale.

I giovani hanno paura di soffrire: a cosa è dovuto?

Clelia nota come la nuova generazione sia più restia ad entrare in intimità sentimentale, non solo fisica. È come se i giovani avessero paura di esporsi troppo, di lasciarsi travolgere da questo sentimento perché potrebbe disintegrarli e metterli troppo in discussione; Molte persone, inoltre, scindono l’aspetto amoroso da quello sessuale, incanalando dunque un’idea frammentata dell’amore. A cosa è dovuta questa “crisi emotiva”? Lorenzo Pavolini avanza un’ipotesi: probabilmente influisce l’ambiente famigliare che in quest’epoca moderna è spesso diviso, ricostruito, travagliato. La Telfener concorda con lui, esaminando due fenomeni che si creano in seguito alla frequente frammentazione famigliare: il primo caso vede coinvolta una giovane coppia che porta il proprio sentimento all’esasperazione, fino a creare una “mini famiglia” totalmente inopportuna per l’età di entrambi. Il secondo estremo esaminato vede protagonista ragazze o ragazzi che passano da una storia all’altra con poca serietà, e il nuovo partner che ne ha paura.

Particolari e dettagli come cemento per una relazione longeva

Ma l’effettiva causa del  fenomeno riportato precedentemente è individuabile nel fatto che i giovani conducono amori non adeguatamente ragionati, in quanto accecati dalla voglia di fare tante esperienze evitando il dialogo riguardo il loro rapporto. Il cemento per una relazione sana sono i particolari, i dettagli: ci si deve innamorare di quelli, non delle esperienze che si condividono insieme. “Ad amare si impara” esordisce la donna, spiegando che da adulti si è più solidi e si ha meno paura di entrare nelle relazioni. Aggiunge anche che le persone più anziane, quindi provenienti da generazioni ormai passate, non coltivavano quella paura che sopravvive nei giovani d’oggi: l’amore che circolava diversi anni fa non era quasi mai fisico, ma idealizzato e non concluso.

Differenze tra maschi e femmine nell’innamoramento: amare è sinonimo di soffrire?

In ogni storia riportata la donna volutamente sceglie di inserire il sesso del narratore, in quanto è possibile notare come sussistano sostanziali differenze nella fase dell’innamoramento tra maschi e femmine. La domanda riguardo ciò viene posta da Lorenzo Pavolini, e Umberta Telfener spiega che la differenza più importante è che le donne tendono maggiormente a  vivere un’idealizzazione dell’amore a cui rimangono legate per anni, mentre gli uomini tendono a non applicare questo processo. L’autrice afferma che per le donne è una forma quasi erotica quella di soffrire per amore, erroneamente passa il messaggio che amare sia sinonimo di struggersi, quando effettivamente non è così: un amore che funzioni fa crescere, rimanere ancorato all’idea di una persona che ormai non fa più parte della tua vita blocca il tuo percorso di crescita personale.

La fusione di coppia è dannosa

Lorenzo Pavolini pone una lecita domanda: ”Diventare una cosa sola, fondersi con l’amato, è una cosa sana?” La Telfener apostrofa questo fenomeno come “idealizzazione narcisista”, la fusione è psicologicamente dannosa: afferma che nella relazione è necessario essere due persone distinte, al massimo tre, in quanto il terzo elemento sarebbe identificabile nella relazione vista dall’esterno. Siamo noi singoli che portiamo qualcosa nel rapporto di coppia, dunque è importante custodire quel sottile confine che ci differenzia dall’altro.

 

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Editori coraggiosi – trasformare le proprie ferite in poesia, arte, luce https://2021.passaggifestival.it/editori-coraggiosi-trasformare-proprie-ferite-poesia-arte-luce/ Thu, 24 Jun 2021 09:31:24 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82634 elisa Donzelli e Franca Mancinelli conversano con Fabrizio Lombardo in occasione di "Passaggi diversi" , esponendo le loro raccolte poetiche.

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Editori Coraggiosi Passaggi Festival 2021

Conversando con Fabrizio Lombardo, Elisa Donzelli autrice di “album”  e Franca Mancinelli autrice di “Tutti gli occhi che ho aperto”, hanno esposto i loro libri in occasione della rassegna “Passaggi diVersi”, tenutasi nella suggestiva chiesa di San Francesco.

La poesia oscillante di Elisa: un arcobaleno dopo la tempesta

“Non ho mai pensato di fare la poetessa”, afferma Elisa Donzelli, sollecitata dalla richiesta di Fabrizio Lombardo di parlare della sua poesia e del perché questa sia così intima. “album ” viene partorita dai ritmi oscillanti e irrefrenabili dei treni, che conducevano la donna da Pisa a Roma: il moto cigolante sulle rotaie si riflette nel suo stile, che definisce appunto “Oscillante”. L’ispirazione e l’avvicinamento verso questo progetto nasce in seguito ad un evento drammatico: la morte di sua sorella all’età di ventidue anni, e in seguito, l’apparizione in sogno della defunta. Ed è in questo momento che dalle ferite viene sprigionata una luce abbagliante, e il dolore si tramuta in arte non appena la donna impugnò in mano la penna per iniziare a scrivere la sua raccolta poetica. Inizialmente, confessa lei, non aveva intenzione di divulgare il suo operato, ma progressivamente in lei inizia a balenare l’idea che il privato sia in realtà collettivo. Ne parla nella poesia Due agosto 1990, in cui ripercorre sprazzi della sua infanzia che non vanno considerati singolarmente, in quanto in quegli anni accadevano vicende nel suo paese che avrebbero formato le sue idee più avanti.

La poesia di Franca: Le ferite sono occhi e occasioni di crescita

“Ho scritto il libro camminando” si apre così l’intervento di Franca Mancinelli, rispondendo alla stessa domanda posta in precedenza da Fabrizio Lombardo. Con la sua voce straordinariamente pacata riesce a delineare il quadro interiore frammentato e addolorato che possedeva quando ebbe l’ispirazione per il suo componimento. Ritiene che l’idea di “Tutti gli occhi che ho aperto” l’avesse  folgorata durante una camminata per l’Appennino, nel momento in cui alzando gli occhi vide stagliarsi nel cielo un albero “segnato dalle cicatrici”. Ammette di provare da sempre un sentimento sublime verso gli alberi, in quanto le rimandano da sempre misticità e intraducibilità di linguaggio. Continua la sua esposizione spiegando che il suo libro è volutamente costruito da tanti personaggi, tante voci che intrecciandosi conferiscono una pluralità anche nella forma. Tutti i personaggi (una donna migrante, una statuetta votiva alberi) hanno in comune il fatto di essere fragili, e l’intento è quello di divulgare un messaggio preciso: “le ferite sono possibilità di visione e di crescita e vanno riconosciute come occhi”

Una poesia che deve dire “io” e deve essere fatta di “tu”

Riprende la parola Elisa, che prima di leggere approfondisce il suo titolo, affermando che l’io è diventato plurale, mentre i “tu” che si rincorrono tra le righe della sua poetica sono principalmente donne o uomini che hanno costellato la sua vita. Seguono le letture di due poesie: la prima è dedicata a Marta Russo, una sua coetanea che studiò alla Sapienza come l’autrice. L’altra narra un dolce ricordo della sua infanzia: dedicata a sua sorella nell’occasione del concerto di Madonna a Torino, si conclude con “sei stata tu la mia prima star”, creando un parallelismo tra la star internazionale e la sorella.

Parlando di stile e leggendo componimenti

L’ondeggiare del treno e camminare conferiscono alle due raccolte poetiche punti di contatto, ma anche differenze. Parla Franca Mancinelli, affermando che la prosa l’ha sempre accompagnata in quanto contiene una dolcezza maggiore. Legge da “Luminescenze”, una sezione del libro dal nome ipnotico che suggerisce il superamento di un trauma: sceglie questa parte poiché inizia in prosa e finisce in frammenti. Approfondendo l’anatomia di “Tutti gli occhi che ho aperto” , la donna afferma di aver inserito delle pagine bianche come “divisori” affinché tra una sezione e l’altra si possa riflettere ed elaborare ciò che è stato letto. Elisa Donzelli, invece, spiega che la sua poesia-narrazione parte dal particolare per arrivare all’universale: nei suoi componimenti devono convivere narrazione e condensazione. Legge quindi “l’espatriata” , metà in versi e metà in prosa, per poi leggere una poesia dedicata al crollo dell’Aquila.

Riflessioni sul percorso

in chiusura Fabrizio Lombardo chiede ad entrambe una riflessione sul percorso: ad Elisa Donzelli chiede se stesse già pensando a divulgare qualche altro progetto, ma la donna si astiene dal rispondere, augurandosi di non aver scrivere nuovamente in seguito ad un incontro traumatico. A Franca, invece, viene chiesto il suo punto di vista riguardo il suo stesso libro, ossia come questo sia percepito da lei: un punto d’arrivo? Una ripartenza? Anche la sua risposta è vaga: il suo operato deve ancora parlarle del tutto, la scrittura è un ingresso nella nostra camera oscura, e lei lo sente ancora nell’ombra.
L’incontro viene traghettato alla conclusione tramite la lettura di altri brevi frammenti da “Luminescenze”, e due poesie (“insetto” per la madre, “il covid ha sei anni” per il figlio) di Elisa Donzelli.

 

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Marisa Laurito – una biografia che spinge a credere nei propri sogni https://2021.passaggifestival.it/marisa-laurito-biografia-che-spinge-credere-nei-propri-sogni/ Wed, 23 Jun 2021 09:10:35 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82489 La carismatica Marisa Laurito, accompagnata da Flavia Fratello, è stata ospite il 22 Giugno in Piazza XX Settembre in occasione di Passaggi Festival, in cui ha avuto luogo l’esposizione della sua biografia “Una vita scapricciata” (Rizzoli Editori). Il teatro: una profonda vocazione Marisa Laurito apre l’evento ricordando l’insieme di scelte che l’hanno portata ad intraprendere […]

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Marisa Laurito Passaggi Festival 2021

La carismatica Marisa Laurito, accompagnata da Flavia Fratello, è stata ospite il 22 Giugno in Piazza XX Settembre in occasione di Passaggi Festival, in cui ha avuto luogo l’esposizione della sua biografia “Una vita scapricciata” (Rizzoli Editori).

Il teatro: una profonda vocazione

Marisa Laurito apre l’evento ricordando l’insieme di scelte che l’hanno portata ad intraprendere la carriera di attrice: questo nobile mestiere non viene limitato al fine utilitaristico di raggiungere il successo e la popolarità. La Laurito confessa che questo pensiero non la sfiorò minimamente, in quanto soffocato dalla crescente brama di iniziare a recitare. Regala al pubblico il racconto del momento esatto in cui decise di voler prendere una determinata strada nella vita: aveva la tenera età di nove anni e, giocando in soffitta con gli abiti della madre e della zia, si imbatté in uno specchio. Portava lunghe trecce che casualmente raccolse dietro la nuca, lasciando nella sua immagine riflessa una pettinatura nuova, diversa, corta (che porta tuttora). Innamorandosi di questa ventata di cambiamento, decise di voler intraprendere questo mestiere: Marisa Laurito non si spiega come a nove anni si potesse avere le idee così chiare, “forse era un segnale”, esordisce lei. Nonostante ciò, la paura prende sempre il sopravvento prima di entrare in scena: un rituale strano che rivela di possedere è quello di spazzare il pavimento del palcoscenico per attutire la pressione, “il palco è come se fosse casa mia, per questo lo pulisco sempre, è una disperazione!”, suscitando la risata da parte del pubblico.

Spiritualità sì, Scaramanzia no

Flavia Fratello fa notare al pubblico come la biografia si apra con un ”capitolo 0” e si chiuda con un quadro astrale. Sorge spontanea una domanda: perché inserire ciò, se si rifiuta categoricamente la scaramanzia? La Laurito spiega che solitamente tende a non credere a queste cose, ma avendo un amico che molteplici volte è stato in grado di prevedere determinati avvenimenti, si è lasciata leggermente persuadere. Ci viene offerto poi un aneddoto intimo appartenente alla vita della donna, ossia un evento-cernita nel suo modo di affrontare la realtà: un viaggio extracorporeo manifestatosi durante un momento particolarmente drammatico, ossia in concomitanza con la morte della madre. Marisa Laurito afferma di essere uscita dal suo corpo, osservando la scena dall’alto, sentendosi felice e sollevata. Dopo essere ripiombata nella nostra dimensione, annuncia di aver cambiato prospettiva di vita, iniziando a scrutare (seppur metaforicamente) le situazioni dall’alto, interessandosi particolarmente alla cura dell’animo.

Parti scarsamente trattate

Pensando al nome dell’attrice, la maggior parte di noi lo assocerebbe al suo ruolo in “Quelli della notte”, programma di Renzo Arbore. La giornalista Flavia Fratello evidenzia il fatto che nell’autobiografia sia stato dedicato solo un piccolo spazio ad un progetto così importante: Marisa Laurito, con grande semplicità, spiega che il progetto di Arbore è stato importante per quanto riguarda il flusso di nuove amicizie, ma se inserito nell’arco della sua carriera personale ed emotiva, quest’ultimo occupa solo una piccola parte. Ma non è l’unico argomento trattato scarsamente: nella biografia non vengono citate spesso le relazioni amorose, né la bellezza intesa come problema estetico. Il motivo? Alla donna semplicemente non interessa fondere la sfera privata con quella pubblica, affermando che determinati argomenti devono rimanere intimi (per quanto riguarda le relazioni), mentre per quanto riguarda la bellezza, anche in questo caso esordisce con la frase “non mi interessa”. La cosa importante, secondo la sua opinione, è quella di curare l’anima: non è interessata alla dieta, non ha problemi di bellezza né è ossessionata dallo scorrere del tempo. La Laurito spiega: “Il tempo non esiste. Finché ognuno di noi ha la mente per progettare, a chi importa dell’età?”

Una vita dinamica si scontra con la staticità della pandemia

Indubbiamente la personalità dell’attrice è dinamica ed irrefrenabile, e questi tratti si riversano nelle sue scelte di vita compiute. Innanzitutto la donna sottolinea il suo percorso tortuoso per affermarsi nel mondo teatrale: lo stipendio era scarso, dunque non svolse mai solo ed esclusivamente questa professione, ma ne intraprese molte altre (come l’impastatrice in un cantiere edile, amalgamando l’intonaco) per guadagnarsi da vivere. Questa costante ricerca di novità si riflette anche nella carriera artistica: Flavia Fratello nota come Marisa Laurito avesse rinunciato a realizzare “il sequel” di molteplici progetti (ad esempio “Quelli della notte”), fermandosi ad una sola edizione. Alla richiesta del motivo di questa scelta, la Laurito spiega che non si è mai pentita di ciò, in quanto dopo un successo ha sempre cercato di dedicarsi ad altro e di accumulare sempre più esperienze e novità.  Ma un’altra caratteristica della donna è la forte insofferenza alle imposizioni, parola che da un anno a questa parte ci accompagna quotidianamente a causa della pandemia. Dunque Flavia Fratello le chiede come ha vissuto il periodo di lockdown, e dalla risposta della Laurito emerge una profonda umiltà e semplicità: ”Prevalentemente l’ho passato a cucinare. Una cosa orribile è stata sentire la morte sempre presente nell’aria, e soffrire per il dolore di tanti altri vedendo immagini di città stremate.”

Una biografia come autoanalisi

Paradossalmente la biografia presentata parla poco della sua vita in sé, ma evidenzia soprattutto le interazione tra la Laurito e le persone incontrate progressivamente negli anni. La donna ammette che inizialmente scrivere un libro del genere non era nei suoi piani, non ne era totalmente convinta. Ma quando ha iniziato a scrivere, afferma di aver intrapreso un percorso intenso di autoanalisi e di essersi preposta un obbiettivo: dalla sua biografia doveva trasparire un chiaro messaggio indirizzato soprattutto ai giovani, ossia quello di non rinunciare mai ai propri sogni anche se possono apparire irrealizzabili, poiché la realizzazione di un obbiettivo sosta innanzitutto nel pensiero. Coglie anche l’occasione per ringraziare il pubblico che le ha da sempre donato affetto: per questo motivo non lo identifica come un’entità astratta, ma come una grande famiglia.

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Centenario di Dante – la poesia celebrata nella sua immortalità https://2021.passaggifestival.it/centario-dante-poesia-nella-sua-immortalita/ Wed, 23 Jun 2021 08:52:58 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82529 A passaggi Festival Dante Alighieri viene ricordato tramite la conversazione con poeti contemporanei e i loro componimenti.

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Centenario di Dante Passaggi Festival 2021

Il giorno 22 Giugno con l’evento “A riveder le stelle” , la chiesa di San Francesco è stata allietata dalle poesie di Roberto Ariagno ( da “Il tempo di una muta”) , Denata Ndreca (da “La ragazza del Ponte Vecchio”) e Marco Ferri (da “Uscita secondaria”) , che conversando con Fabrizio Lombardo, celebrano il celebre poeta fiorentino nel suo settecentario anniversario di morte.

Il tema dei luoghi: tra passato e presente

Fabrizio Lombardo chiede ai tre poeti di partire da un tema che accomuna sia loro sia Dante Alighieri: un paesaggio, un luogo in cui abitare all’interno delle loro poesie, per poi confrontarle con il poeta fiorentino. A turno rispondono, inizia Roberto: per lui un luogo in cui abitare parte sempre dalle percezioni, parla di sfida. Una sfida di saper spiegare ciò che il paesaggio suggerisce, e poi riportarlo in poesia. Continua Denata, che esplica la sua percezione prettamente personale: i luoghi non vanno solamente visti, ma sentiti per stabilirne poi un attaccamento. Ciò che affascina enormemente la poetessa è l’impronta degli uomini che si imprime in determinati posti, proprio come fece Dante, in quanto ancora oggi il suo nome e il suo amore per Beatrice riecheggiano per le strade di Firenze. Segue infatti la sua dolce poesia ambientata nella celebre città fiorentina, che viene esaltata e celebrata: “Sei bella di giorno, splendente di sera, cerco un posto in cui fermarmi in mezzo alle tue colline, nel sorso rosso di un chianti, calice di vino giro tra le mani, corro da ferma tra corridoi e gallerie fino a piazza santa croce, dove dante canta ancora il suo amore senza fine.”
conclude Marco Ferri, che tramite la su poesia evidenzia l’importanza di riportare” il tempo ai luoghi”.

Poesia civile tra Dante e contemporaneità

Sappiamo che ogni sesto canto della divina commedia era dedicato al tema politico, quindi possedeva uno scopo civile. Da Fabrizio Lombardo viene lanciata una provocazione: ”La poesia è una delle scritture più attente al contemporaneo, e non facendo mercato ha una funzione civica vicina a quella della saggistica. Quanto avete sentito in linea la poesia non solo come cosa pubblica ma anche come privata?” Ariagno inizia dicendo che la poesia è il genere meno spontaneo in quanto riflette maggiormente sul suo mezzo. Tuttavia, la poesia assume una valenza civica anche perché è in grado di farci vedere il mondo sotto una luce diversa, incita a farsi domande su ciò che sembra scontato.
Denata esordisce che i poeti e l’arte arrivano laddove né la politica né la chiesa possono giungere, la poesia per lei è “una carezza che arriva al mondo” e di cui ognuno di noi trae beneficio. Marco, invece, conclude citando la traduzione di Raymond Queneau “L’instant fatal”  oltre a mettere in luce la versatilità del verso e l’ironia graffiante, esprime l’esigenza di fare poesia e di intrappolare quelle parole sfuggenti in un componimento preciso.

Omaggio a Luis Sepùlveda

All’interno dell’incontro si intreccia un’altra celebrazione, quella del poeta Sepùlveda scomparso recentemente durante i tempi di pandemia. Ce ne parla Denata, tramite la lettura drammatica ma delicata  della poesia “La morte di un poeta” : “La morte di un poeta ha qualcosa di diverso, come se morisse un po’ il cielo e il mare. Muore con lui l’amore che l’aspetta.”
Da questa parte riportata emerge tutto l’amore coltivato dalla poetessa verso questa nobile arte.

 

 

 

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Paolo Mereghetti – Un dizionario cinematografico per una scelta consapevole https://2021.passaggifestival.it/paolo-mereghetti-dizionario-cinematografico-per-scelta-consapevole/ Tue, 22 Jun 2021 00:07:49 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82315 La chiesa di San Francesco, il giorno 21 Giugno, è stata inebriata da una novità: questa volta non è stato un saggio ad essere esposto, ma il diario cinematografico dal carattere enciclopedico di Paolo Mereghetti, giornalista e critico del Corriere della Sera, che tramite la conversazione con Flavia Fratello espone il suo ultimo volume “il […]

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Paolo Merenghetti Passaggi Festival 2021

La chiesa di San Francesco, il giorno 21 Giugno, è stata inebriata da una novità: questa volta non è stato un saggio ad essere esposto, ma il diario cinematografico dal carattere enciclopedico di Paolo Mereghetti, giornalista e critico del Corriere della Sera, che tramite la conversazione con Flavia Fratello espone il suo ultimo volume “il Mereghetti”.

“Il Mereghetti”: origine e perfezionamento

Nel contesto linguistico associamo la parola “dizionario” ad un oggetto che ci aiuti a comprendere meglio un determinato concetto, ed è ciò che si propone di fare “Il Mereghetti” : l’autore inizia l’incontro chiarendo lo scopo del suo manuale, ossia quello di aiutare il lettore a compiere una scelta consapevole qualora fosse indeciso su quale film guardare. Egli svela inoltre che l’idea nacque negli anni 80, per l’esattezza nel preciso momento storico in cui si verificò l’esplosione delle TV private, dunque era fondamentale una guida per evitare di brancolare tra molteplici titoli televisivi.  Inizialmente, spiega Mereghetti, il dizionario era breve, dotato di riassunti altrettanto brevi e quasi sbrigativi, ma con lo scorrere del tempo il tratto compilativo delle schede si è ampliato, dando vita a tanti piccoli saggi. Questa evoluzione è perfettamente individuabile nel percorso forgiato dall’annuale pubblicazione di dizionari: sono state redatte più di venti edizioni, e come precisa Flavia Fratello, non era  scontato che anche quest’anno un altro libro si aggiungesse alla collana a causa della pandemia.

L’anatomia del dizionario: perchè leggerlo?

Nel dizionario sono contenute trentamila voci, molteplici film (inizialmente venivano citati solo quelli proiettati al cinema) contenuti in diverse schede in grado di sintetizzarne il contenuto, vengono inseriti piccole curiosità, dando vita a piccoli saggi accompagnati da una visione critica e da un numero di stelle per enfatizzarne il giudizio. Insomma, un lavoro davvero certosino che richiede attenzione, cura, dedizione: egli tiene a precisare che ogni film viene esaminato attentamente e in modo eguale per tutti, dal capolavoro di Star Wars a Gianni Pinotto, la cui produzione viene apostrofata come “brutta” . A primo impatto, trovandoci di fronte ad un’opera così imponente è normale sentirsi leggermente demotivati, soprattutto con l’avvento dei social che comportano un’enorme facilitazione dei mezzi: Flavia Fratello, dotata sempre di grande empatia e perspicacia, pone dunque una lecita domanda: ”Perché consultare questo manuale immenso, se ci basta un click per trovare ciò che cerchiamo?”  Visione critica è la parola chiave. Quest’ultima gradualmente sta diventando sempre più rara, e il fatto che qui sia presente conferisce all’opera un valore inestimabile, in quanto permette all’interlocutore di apprendere qualcosa in più, di aprire gli occhi.

Film a cinema o film a casa?

Spostando il focus sulla personalità di Mereghetti, Flavia Fratello pone una domanda provocatoria ad uno dei più grandi critici cinematografici italiani: ”Film al cinema o film a casa?” La risposta dell’autore è intuibile: egli afferma di prediligere la buia sala del cinema alla comoda poltrona casalinga, in quanto le scene e i dettagli si sedimentano maggiormente nel suo animo. Ma spostandoci dal soggettivo all’oggettivo, egli spiega come il maxi schermo sia necessario per lanciare adeguatamente un nuovo film, come  nel caso del nuovo film di Verdone, che dopo essere stato bloccato a  causa della pandemia, è stato trasmesso per la prima volta su Amazon Prime. Il discorso procede citando il celeberrimo film “Avengers end game” : nessuna piattaforma streaming potrà guadagnare come questo film. E’ necessario il grande schermo.

Le conseguenze della pandemia sul mondo cinematografico

Ognuno di noi durante il lockdown ha impiegato il proprio tempo sostando davanti ad un film: i ritmi alterati e la chiusura dei cinema hanno contribuito ad un cambiamento radicale delle nostre abitudini. E il bagaglio cinematografico ovviamente ne risente. Le piattaforme streaming hanno catturato sempre più pubblico, ma l’esplosione del 2020 è stata frenata da quella del 2021, che ci concede di meditare riguardo ad una ripresa cinematografica simile a quella del 2019. Per il momento, osserva il critico, la produzione cinematografica è scarsa nonostante in quest’ultimo anno siano stati girati diversi film.  Diversamente accade in Francia: un milione e mezzo di euro sono stati investiti nei biglietti per spettacoli cinematografici durante le prime settimane di riaperture.  A queste affermazioni ribatte la giornalista di la7: “Non è noioso assistere a film nuovi che sono già vecchi?”. In poche parole, perché la maggior parte dei nuovi film sono ambientati nel passato, quindi prima che la pandemia si abbattesse su di noi? L’autore spiega che la gente ricerca disperatamente spensieratezza, Distrazione in questo contesto storico dilaniato dalla crisi sanitaria.

I consigli di Paolo Mereghetti

È inevitabile associare titoli cinematografici tanto imponenti quanto la personalità brillante di Paolo Mereghetti. L’evento si conclude dunque con una domanda personale all’autore:” C’è un regista o film che predilige?” Dalle sue parole traspare subito una conoscenza approfondita e dotta riguardo l’argomento: egli consiglia innanzitutto il film muto “il canto del fiore rosso” , esplicita poi i suoi apprezzamenti al film “un uomo tranquillo”, elogia “Amarcord” di Fellini, ma chiude l’incontro facendo spuntare un sorriso a tutto il pubblico, affermando di avere un debole per la storia d’amore tra Julia Roberts e Hugh Grant narrata nel film “Notting Hill”.

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Fabio Pusterla: una poesia delicata che prende posizione https://2021.passaggifestival.it/fabio-pusterla-poesia-delicata-prende-posizione/ Mon, 21 Jun 2021 09:50:50 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82074 Fabio Pusterla, dialogando con Fabrizio Lombardo, espone i suoi componimenti fornendoci una visione unitaria dei suoi tratti poetici e della sua sensibilità.

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Fabio Pusterla Passaggi Festival 2021

Il giorno 20 Giugno nella Chiesa di San Francesco si è tenuto l’incontro con il poeta, traduttore, insegnante e critico letterario Fabio Pusterla, che tramite un dialogo con Fabrizio Lombardo, redattore di “Versodove”, ha esposto diversi testi e poesie del libro “Truganini” , edito da L’arcolaio, evidenziando i tratti salienti della sua poetica.

L’origine di Truganini: la musa ispiratrice nei libri di storia

Il poeta decide di aprire l’evento spiegando il motivo del titolo del suo nuovo libro. “Truganini è un nome strano” esordisce lui, prima di spiegarci l’incontro con questa figura storica. Egli afferma che in un libro di storia, durante un ripasso di nozioni già apprese, si imbatté in questa donna rimanendo folgorato dalla complicatezza di questo nome, che dietro di sé cela una drammatica storia: Truganini  fu infatti l’ultima aborigena di quella lingua di terra incontaminata che è la Tasmania, che all’inizio dell’800 venne sconvolta dalla prepotenza dei colonialisti. Fabrizio Lombardo pone subito una domanda lecita, ossia il motivo per il quale questo nome si fosse sedimentato nell’animo del poeta, ma Fabio Pusterla risponde che effettivamente non lo sa ancora.

Come sta Truganini? Come un’acqua senza mare

Segue la lettura emozionante di un frammento del libro, che si propone a spiegare la drammaticità di una cultura e di una popolazione sradicata, cancellata, e brutalmente calpestata dai colonizzatori. Ma questo frammento è un vero e proprio viaggio all’interno della psiche di Truganini, il che enfatizza gli orrori di ciò che fu costretta a vivere: “Truganini non può stare senza essere con gli altri che non stanno più qui. Come sta Truganini? Come un’acqua senza mare. Se piange non appare, se grida non si sente  ma nella foresta languente non andare, non andare, non andare.”
Truganini viene dipinta tramite questo abile gioco di parole come una personalità ormai inascoltata, già divorata dal passare del tempo, il cui destino è ormai segnato.

“Non avere cura di te, se sprofonda la luce, va con lei” con questa frase cruda, pronunciata da uno dei colonizzatori,  si chiude il frammento.

Natura e storia nei componimenti

Possiamo intuire già da “Truganini” uno dei temi più ricorrenti nei testi di Pusterla: il contatto, lo scontro tra la natura e ciò che non lo è.  Incalzato dalle domande di Fabrizio Lombardo, il poeta spiega che la cosiddetta “eco-poetry” , sbocciata nel mondo anglosassone, faccia ancora fatica a diffondersi in Italia. Tuttavia egli spiega come questa tematica possegga due facce: parlare di paesaggio si intreccia inevitabilmente alla dimensione politica che permette di parlare di ciò che successe in quel paesaggio. E ciò che successe in quel paesaggio è storia, nonché uno degli altri temi riportati dall’autore affascinato da come si snodino infiniti nastri temporali, seppur vivendo  in un determinato  tempo storico. Questo concetto permette a Fabrizio Lombardo di fare una richiesta, ossia quella di leggere un altro componimento chiamato “sovrapposizione a Berlino” che vede come protagonisti due monumenti storici: il Mausoleo dell’Olocausto e  il fiume Sprea che separava la parte ovest dalla parte est.

L’officina dell’esperienza

Indubbiamente la poesia di Pusterla prende sempre una posizione nelle questioni: anche quando racconta vicende private, esse si proiettano sul presente e sulla collettività.
“Scrivere poesia civile stando fuori dallo slogan, quanta fatica costa?” È la domanda posta dal giornalista di “Versodove”, che si interroga su come sia strutturata “l’officina Pusterla”. Egli chiarisce subito che ciò su cui vuole lavorare non nasce come un progetto sociale premeditato, ma egli apporta una selezione basata sui propri sensi: solo ciò che si sedimenta nel suo animo sarà frutto di esame in seguito. Ad esempio, Pusterla parla di una leggiadra libellula intrappolata all’interno di un fossile, in quanto incontrata in un museo marchigiano, il cui remoto fascino lo ha portato a fare di lei protagonista di due poesie: ”Al vento di Focara” che con una velata malinconia percorre idealmente il volo della libellula in tempi antichi, e “Verso lo Zebio” che descrive inizialmente il pianto di Rigoni Stern per la morte di Primo Levi, e poi diverse libellule che volano indisturbate per Asiago. “Una lettura in carcere”, poesia scritta in seguito all’incontro con un carcerato che gli chiese se avesse intenzione di scrivere qualcosa su di loro, potrebbe rappresentare un altro esempio di “officina dell’esperienza”.

Testi inediti per due grandi amici

L’evento si conclude con due poesie inedite dedicate a due amici scomparsi: “Ruina Belfort” che narra di un castello antico e della frana del cimitero di Camogli in onore di Jaccottet, poeta svizzero, e “porte chiuse, incontri, cancelli” per Francesco Scarabicchi da cui è possibile l’intensa frase “La felicità è dalla vita che viene, non dalla poesia.” , seguita dalla descrizione velata di nostalgia di questo mistico cancello affacciato sull’acqua, attribuito al nome del poeta scomparso.

 

 

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Guia Soncini: una generazione sempre “offesa” https://2021.passaggifestival.it/guia-soncini-generazione-sempre-offesa/ Sun, 20 Jun 2021 07:13:18 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=81880 Guia Soncini, ospite a Passaggi Festival il 19 Giugno, ha esaminato le cause e l'origine del costante vittimismo attuato costantemente dalla nostra generazione, intrecciandosi con temi come il politically correct el dilemma dei social, offrendo anche consigli pr contrastare il fenomeno.

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Guia Soncini Passaggi Festival 2021

Nella suggestiva chiesa di San Francesco, accompagnata dalla giornalista Flavia Fratello, si è tenuto l’incontro con Guia Soncini che con la sua tagliente personalità scandaglia una serie di comportamenti insiti nella sensibilità umana,  che ultimamente  prevedono un’eccessiva suscettibilità verso chiunque, e di come questi vengano strumentalizzati a proprio vantaggio.

L’era della suscettibilità

La tesi della scrittrice trova la massima affermazione nel titolo del suo libro: ”L’era della suscettibilità”. Questo titolo suggerisce come un eccessivo risentimento dilaghi negli animi di ognuno di noi, ogni cosa ultimamente sembra quasi sempre offendere e ferire. Guia Soncini apostrofa questo fenomeno come un’ autocensura applicata costantemente da chiunque. Persino noi in questa realtà così infima possiamo identificarci sia nell’offeso sia in colui che offende. Ma da dove nasce ? E’ sempre sincera, o spesso la posizione di vittima non è altro che una meschina tattica per trarre vantaggio da determinate situazioni? Nel corso dell’evento, questi quesiti sono stati gradualmente risolti. L’incontro si apre con un esempio pratico in grado di esplicare come spesso la posizione della vittima sia quella vincente: la recente vicenda che vede coinvolta “l’Estetista Cinica”, che come spiegato da entrambe le donne, ha indossato una vera e propria maschera di irritazione in seguito ad un’affermazione riportata da un giornalista. L’offesa e lo scandalo derivato ha permesso al suo nome di circolare maggiormente, ripresentando  il fenomeno della “fragilità monetizzata”.

I social: “economia dei cuoricini”

Innanzitutto è bene chiarire che questo fenomeno coincide e sboccia su un terreno reso fertile dai social network, definiti da Alessandro Baricco “economia di cuoricini.”.
La Soncini esordisce con l’ironica affermazione: ”Il vero problema dei social è chi ci dice genio”.
Cosa intende dire?  Il concetto-dilemma riportato è semplice: i likes gratificano, ci illudono che quel semplice e simbolico apprezzamento sia effettivamente reale.  L’uomo ha bisogno di consensi, vive e si nutre di essi, non ha le spalle abbastanza forti per sostenere quel macigno soffocante di dissensi che scaturirebbe qualora la propria opinione fosse in opposizione all’immaginario comune. Guia Soncini tenta di esplicare questa “limitazione” umana riportando l’esempio di Spike Lee che in seguito alla difesa nei confronti di Woody Allen (la cui moralità è discutibile) fu inondato da talmente tante critiche e minacce che si vide costretto a scusarsi esattamente dodici ore dopo.

Quanto conviene essere vittima?

Tramite il dibattito incalzante con Flavia Fratello, Guia Soncini continua e perfeziona la sua tesi. Come analizzato precedentemente, la posizione della vittima sembra essere quella vincente: tutti vogliono diventare oppressori ma fanno gli oppressi. Riguardo questo concetto focale, la scrittrice individua l’origine e l’epifania di questo fenomeno che sarebbe da attribuire a Lady Diana che, durante un’intervista, con l’aria sofferente avrebbe affermato che il suo matrimonio fosse “affollato”. In questo snodo fondamentale riportato anche nel suo libro, è in opposizione la giornalista di la7 che sembra trovare una certa debolezza all’interno di questa tesi. Tuttavia, il concetto rimane invariato: si può parlare di una vera e propria tecnica per arrivare ad auto-affermarsi.

America e Italia

il fenomeno ha dunque origine anglosassone, e la Soncini sembra suggerircelo proprio nel prologo del “L’era della Suscettibilità” , composto esclusivamente da un glossario con termini prettamente inglesi che si prepongono ad etichettare ogni cosa, come “cisgender” (ossia “qualcuno a proprio agio con il proprio genere biologico”) che secondo la sua opinione non avrebbe bisogno di essere intrappolato in una definizione simile. Tutto ciò proviene dall’America, e sembra essersi diffuso prevalentemente all’interno dei campus americani: questi, infatti, possiedono come primo requisito quello di “non mettere a disagio lo studente”, favorendo la diffusione di queste etichette. Tale visione non è condivisa dalla Soncini che ritiene fermamente che attraverso quell’ingombrante sensazione di disagio si cresca e si modelli la nostra attitudine. E qui sorge dunque una domanda, posta subito da Flavia Fratello: arriveremo mai ai livelli estremi americani, in cui ogni minima cosa è capace di scatenare un uragano in grado di travolgere la vita, il lavoro, e la dignità? “Ci salverà il senso del ridicolo”, afferma Guia Soncini. Finchè un 5% di intellettuali schernirà questa eccessiva modalità di approccio, quest’ultima verrà depotenziata.
La risata è l’arma migliore per contrastare questo fenomeno, ma non è l’unica cosa da fare.

Atarassia come antidoto

“Fingetevi morti” è lo slogan che traghetta l’evento alla conclusione. Se vi dicono qualcosa, non ribattete. Questa teoria è sostenuta dalla vicenda risalente al 2013 che vede coinvolta Justine Sacco, americana di origine africane, che prima di decollare per il suo paese natale decise di scrivere un  tweet discutibile: ”Sto andando in Africa, spero di non prendere l’Aids. Scherzo. Sono bianca!”. In tempi velocissimi questa battuta ironica ha fatto il giro del mondo, sui social si è scatenato l’inferno. Le conseguenze sono gravi: perde il lavoro e la reputazione. Ma dopo poco tempo, uno dei principali “aguzzini” del web, colui che aveva contribuito attivamente nella genesi del destabilizzante fenomeno mediatico che vede coinvolta Justin, diventa anch’esso vittima. Chiedendo paradossalmente aiuto alla donna che aveva distrutto, egli sancisce che fare finta di niente, fingersi morto mentre il mondo attorno a te si sgretola, sia indubbiamente la scelta migliore.

 

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