Giulia Guazzaloca Passaggi Festival 2021

Si apre la penultima giornata di Passaggi Festival con la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” presso il Bon Bon Art Cafè. Protagonista dell’incontro è stata Giulia Guazzaloca, docente di storia presso l’Università di Bologna, con “Umani e animali” (il Mulino). L’autrice ha conversato con Alessia Soverini, tracciando in maniera delicata ma efficace i contorni di quella che lei stessa ha definito “una breve storia di una relazione complicata”.

Amori e tragedie

La storia che ci racconta Giulia Guazzaloca è una storia d’amore: quella tra l’uomo e l’animale. Come le più grandi vicissitudini amorose non mancano le parti macabre e i soprusi. Ci sono voluti secoli di evoluzione e di conoscenza per arrivare a concepire l’animale nella sua interezza e non più come un banale accessorio nelle mani dell’uomo.
L’idea del libro è nata da un incontro casuale; l’autrice ci ha raccontato di avere animali domestici, soprattutto gatti, da circa 20 anni. La svolta è arrivata quando ha deciso di iniziare a fare volontariato in un gattile e poco dopo, occupandosi della storia della Gran Bretagna dell’800, si è imbattuta in un libro di donne che lottavano per gli animali. Dunque già negli anni venti dell’800 c’era qualcuno che si prendeva a cuore la difesa degli animali.

Uomo o animale?

Aristotele è stato il primo a segnare un netto divario tra l’uomo e l’animale, parlando di differenza ontologica. Le definizioni successive dell’essere umano, dettate appunto dalla filosofia occidentale, hanno quindi segnato una differenza irriducibile tra uomo e animale, una diversità che si esplica nella capacità logico‐linguistica di cui l’uomo sarebbe l’unico e privilegiato destinatario. L’uomo è dotato di logos, l’animale no.
Nel corso del tempo questa concezione è stata usata per legittimare la prevaricazione – violenta e spietata – dell’uomo sull’animale, con risultati che, in termini di biodiversità e protezione della fauna, paghiamo ancora oggi a caro prezzo.
Il libro si concentra sul passaggio avvenuto dalla fine del 700 all’inizio dell’800, quando ha iniziato a modificarsi la prospettiva propria antropocentrica tipica del ‘700. Finalmente si comincia a riflettere, ci si convince della necessità di inquadrare gli animali secondo il concetto della sensitività: gli animali possono sentire il dolore e come gli umani hanno l’interesse primario di non soffrire. Le rivoluzioni americana e francese poi hanno cominciato a diffondere il tema dei diritti umani, permettendo a gruppi umani finora esclusi di poter essere inclusi. Per gli spiriti più sensibili ciò si poteva estendere anche agli animali. La vera svolta però dovrà aspettare: arriverà solamente negli anni settanta del ‘900.

Hitler e Mussolini al fianco degli animali

La prima guerra mondiale ha visto un uso massiccio di animali ( si conta un totale di sedici milioni utilizzati su tutti i fronti) ed è stata una strage in termini di vite sia umane che animali. Trattandosi di una guerra di posizione e di trincea, i soldati vivevano in compagnia di questi animali e spesso si è creato con essi un bellissimo rapporto di cui si parla in molte memorie, lettere e diari. Per i soldati gli animali simboleggiavano il ricordo delle loro case, davano affetto e compagnia, diventando veri e propri strumenti di evasione.
I due regimi totalitari per eccellenza, nazismo e fascismo, hanno entrambi patrocinato con forza la causa della difesa degli animali (seppure per ragioni diverse) ed hanno ampliato e rafforzato le leggi contro le crudeltà animale. Mussolini agiva nell’ottica di collegare la difesa degli animali alla moderna società fascista, sinonimo di civiltà e sviluppo, Hitler invece agiva in virtù della teoria etnocentrica che ha caratterizzato il terzo Reich. Ciò significava che non solo gli uomini della Germania erano superiore alle altre “razze”, ma allo stesso modo anche pianti ed animali “ariani”. Una politica dunque partita da presupposti sbagliati, quella della prevaricazione di un popolo su un altro, ma che ha avuto in questo specifico campo dei risultati apprezzabili.

Una contraddizione che permane

Lo sviluppo degli animali da compagnia è avvenuto a braccetto con lo sviluppo economico. Nel ‘700 caratterizzava solo le élite aristocratiche per poi diffondersi nell’800 anche nella classe borghese. Addirittura nella Londra di fine ‘800 i cani venivano rubati a scopo di riscatto, un riscatto che il più delle volte veniva pagato, ma nello stesso momento venivano violentemente uccisi i cani randagi nelle strade.
La relazione con gli animali è complessa e d investe tanti ambiti. Certo non mancano le contraddizioni: da un lato l’umanizzazione degli animali da compagnia e dall’altro l’oggettivizzazione di tutti gli altri animali (quelli destinati al macello, oppure alla caccia…).
Giulia Guazzaloca afferma di non definirsi un’animalista in senso stretto: “Siamo una pluralità di individui con interessi diversi. Io non sono qui per imporre nulla, non auspico che nessuno possa imporre il non mangiare carne, come voleva fare Hitler una volta costruito il suo impero”.

Uno sguardo al futuro

Sicuramente negli ultimi due anni la pandemia ha prodotto un’impennata nell’adozione di cani e gatti, al fine di alleviare solitudine ed isolamento. Non essendo statica per definizione, la storia sarà segnata da profondi cambiamenti, i quali dovranno venire dalle sensibilità individuali. Le associazioni animaliste continuano a fare pressing ma vogliono soprattutto sensibilizzare opinione pubblica ed aziende. Le scelte di metodi cruelty free o la sostenibilità ambientale ormai piacciono molto, si tratta di temi sempre più a cuore alle persone. È  conoscenza comune che le nuove tecnologie possano aiutare producendo ad esempio tessuti e materie cruelty free e sviluppando carni cosiddette “coltivate- sintetiche”, fatte in laboratorio, senza l’uccisione degli animali.

Ci vuole senz’altro più consapevolezza, ci sono in ballo interessi economici ma il tutto deve essere una scelta individuale. Va bene rendere noto ciò che avviene negli allevamenti intensivi, ma non si può imporre a nessuno una scelta. Rivendico la libertà che i nostri sistemi liberal democratici ci garantiscono”.

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