Teresa Mallucci | Fano – Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/ Passaggi Festival. Libri vista mare Fri, 25 Jun 2021 13:48:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8 https://2021.passaggifestival.it/wp-content/uploads/2020/03/cropped-nuovo-logo-passaggi-festival_rosso-300x300-1-32x32.jpg Teresa Mallucci | Fano – Passaggi Festival https://2021.passaggifestival.it/ 32 32 L’India di Francesca Giommi tra stupore, fatica e ironia https://2021.passaggifestival.it/francesca-giommi-passaggi-festival-storia-viaggio/ Fri, 25 Jun 2021 13:48:19 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82764 Nell’ultima giornata della nona edizione di Passaggi Festival si conclude la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione”. Due gli incontri, al Bon Bon Art Cafè con Chiara Alessi “Tante care cose” (Longanesi) e a Bagni Torrette con Francesca Giommi “la figlia del Maharaja” (Aras). Francesca Giommi (dottoressa in letteratura post coloniale e africana) ha conversato […]

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Francesca Giommi Passaggi Festival 2021

Nell’ultima giornata della nona edizione di Passaggi Festival si conclude la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione”. Due gli incontri, al Bon Bon Art Cafè con Chiara Alessi Tante care cose” (Longanesi) e a Bagni Torrette con Francesca Giommila figlia del Maharaja” (Aras).
Francesca Giommi (dottoressa in letteratura post coloniale e africana) ha conversato con Elisabetta Rossi (Giornalista, Il Resto del Carlino). “La figlia del Maharaja” è la storia di un viaggio attraverso l’India.
Un libro che sazia e travolge, fatto dei colori, dei sapori e degli odori che caratterizzano questo continente. L’India che viene descritta è quella reale, non quella tipica dell’imaginario collettivo. Un libro ibrido: documentario, guida turistica e romanzo.

Un viaggio al femminile

La protagonista di questa storia è Beatrice, una giovane viaggiatrice. Il titolo del romanzo viene da uno dei tanti incontri che avvengono durante il viaggio. È un personaggio, una suggestione, una delle tante figure con cui si confronta la nostra protagonista. Non è un caso che la figura principale sia una donna, è una delle chiavi di lettura del testo. L’autrice ci ha spiegato che le è sempre piaciuto dare uno sguardo femminile, usarlo come un filtro per il lettore.
Sono tanti i racconti maschili di viaggi (si pensi a Pasolini, a Moravia, a Terzani…), mi sembrava importante dare una visione al femminile. L’approccio femminile è caratterizzato dallo stupore, soprattutto nei viaggi. Uno stupore per il mondo e le persone ed io ritengo che si tratti di un elemento essenziale”.

Tra fatica e ironia

Il racconto si articola in una chiave spesso anche ironica, quasi per smorzare la fatica fisica ed emotiva che un viaggio in India comporta. Si è trattato in realtà di un viaggio di gruppo, del quale l’autrice era la guida turistica. Più grande della fatica fisica però è stata la fatica emotiva: in India c’è una sofferenza umana che ti tocca. Il libro non nasce come la trascrizione di un taccuino, è la reinterpretazione narrativa di un viaggio.
Francesca Giommi ci rivela di aver studiato moltissimo per scrivere questo libro, per lei la ricerca e lo studio sono fondamentali, soprattutto nel momento in cui si decide di mettere per iscritto le proprie avventure. Bisogna approfondire e comprendere, preoccupandosi di non mettere per iscritto nulla che non sia veritiero o non verificabile.

Non esiste un viaggio che non farei mai, tutto mi incuriosisce e mi regala grandi emozioni. Viaggiare è muoversi ed esplorare

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Umani e animali: una diversità solo apparente https://2021.passaggifestival.it/giulia-guazzaloca-breve-storia-relazione-complicata/ Thu, 24 Jun 2021 13:13:08 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82668 Si apre la penultima giornata di Passaggi Festival con la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” presso il Bon Bon Art Cafè. Protagonista dell’incontro è stata Giulia Guazzaloca, docente di storia presso l’Università di Bologna, con “Umani e animali” (il Mulino). L’autrice ha conversato con Alessia Soverini, tracciando in maniera delicata ma efficace i contorni […]

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Giulia Guazzaloca Passaggi Festival 2021

Si apre la penultima giornata di Passaggi Festival con la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” presso il Bon Bon Art Cafè. Protagonista dell’incontro è stata Giulia Guazzaloca, docente di storia presso l’Università di Bologna, con “Umani e animali” (il Mulino). L’autrice ha conversato con Alessia Soverini, tracciando in maniera delicata ma efficace i contorni di quella che lei stessa ha definito “una breve storia di una relazione complicata”.

Amori e tragedie

La storia che ci racconta Giulia Guazzaloca è una storia d’amore: quella tra l’uomo e l’animale. Come le più grandi vicissitudini amorose non mancano le parti macabre e i soprusi. Ci sono voluti secoli di evoluzione e di conoscenza per arrivare a concepire l’animale nella sua interezza e non più come un banale accessorio nelle mani dell’uomo.
L’idea del libro è nata da un incontro casuale; l’autrice ci ha raccontato di avere animali domestici, soprattutto gatti, da circa 20 anni. La svolta è arrivata quando ha deciso di iniziare a fare volontariato in un gattile e poco dopo, occupandosi della storia della Gran Bretagna dell’800, si è imbattuta in un libro di donne che lottavano per gli animali. Dunque già negli anni venti dell’800 c’era qualcuno che si prendeva a cuore la difesa degli animali.

Uomo o animale?

Aristotele è stato il primo a segnare un netto divario tra l’uomo e l’animale, parlando di differenza ontologica. Le definizioni successive dell’essere umano, dettate appunto dalla filosofia occidentale, hanno quindi segnato una differenza irriducibile tra uomo e animale, una diversità che si esplica nella capacità logico‐linguistica di cui l’uomo sarebbe l’unico e privilegiato destinatario. L’uomo è dotato di logos, l’animale no.
Nel corso del tempo questa concezione è stata usata per legittimare la prevaricazione – violenta e spietata – dell’uomo sull’animale, con risultati che, in termini di biodiversità e protezione della fauna, paghiamo ancora oggi a caro prezzo.
Il libro si concentra sul passaggio avvenuto dalla fine del 700 all’inizio dell’800, quando ha iniziato a modificarsi la prospettiva propria antropocentrica tipica del ‘700. Finalmente si comincia a riflettere, ci si convince della necessità di inquadrare gli animali secondo il concetto della sensitività: gli animali possono sentire il dolore e come gli umani hanno l’interesse primario di non soffrire. Le rivoluzioni americana e francese poi hanno cominciato a diffondere il tema dei diritti umani, permettendo a gruppi umani finora esclusi di poter essere inclusi. Per gli spiriti più sensibili ciò si poteva estendere anche agli animali. La vera svolta però dovrà aspettare: arriverà solamente negli anni settanta del ‘900.

Hitler e Mussolini al fianco degli animali

La prima guerra mondiale ha visto un uso massiccio di animali ( si conta un totale di sedici milioni utilizzati su tutti i fronti) ed è stata una strage in termini di vite sia umane che animali. Trattandosi di una guerra di posizione e di trincea, i soldati vivevano in compagnia di questi animali e spesso si è creato con essi un bellissimo rapporto di cui si parla in molte memorie, lettere e diari. Per i soldati gli animali simboleggiavano il ricordo delle loro case, davano affetto e compagnia, diventando veri e propri strumenti di evasione.
I due regimi totalitari per eccellenza, nazismo e fascismo, hanno entrambi patrocinato con forza la causa della difesa degli animali (seppure per ragioni diverse) ed hanno ampliato e rafforzato le leggi contro le crudeltà animale. Mussolini agiva nell’ottica di collegare la difesa degli animali alla moderna società fascista, sinonimo di civiltà e sviluppo, Hitler invece agiva in virtù della teoria etnocentrica che ha caratterizzato il terzo Reich. Ciò significava che non solo gli uomini della Germania erano superiore alle altre “razze”, ma allo stesso modo anche pianti ed animali “ariani”. Una politica dunque partita da presupposti sbagliati, quella della prevaricazione di un popolo su un altro, ma che ha avuto in questo specifico campo dei risultati apprezzabili.

Una contraddizione che permane

Lo sviluppo degli animali da compagnia è avvenuto a braccetto con lo sviluppo economico. Nel ‘700 caratterizzava solo le élite aristocratiche per poi diffondersi nell’800 anche nella classe borghese. Addirittura nella Londra di fine ‘800 i cani venivano rubati a scopo di riscatto, un riscatto che il più delle volte veniva pagato, ma nello stesso momento venivano violentemente uccisi i cani randagi nelle strade.
La relazione con gli animali è complessa e d investe tanti ambiti. Certo non mancano le contraddizioni: da un lato l’umanizzazione degli animali da compagnia e dall’altro l’oggettivizzazione di tutti gli altri animali (quelli destinati al macello, oppure alla caccia…).
Giulia Guazzaloca afferma di non definirsi un’animalista in senso stretto: “Siamo una pluralità di individui con interessi diversi. Io non sono qui per imporre nulla, non auspico che nessuno possa imporre il non mangiare carne, come voleva fare Hitler una volta costruito il suo impero”.

Uno sguardo al futuro

Sicuramente negli ultimi due anni la pandemia ha prodotto un’impennata nell’adozione di cani e gatti, al fine di alleviare solitudine ed isolamento. Non essendo statica per definizione, la storia sarà segnata da profondi cambiamenti, i quali dovranno venire dalle sensibilità individuali. Le associazioni animaliste continuano a fare pressing ma vogliono soprattutto sensibilizzare opinione pubblica ed aziende. Le scelte di metodi cruelty free o la sostenibilità ambientale ormai piacciono molto, si tratta di temi sempre più a cuore alle persone. È  conoscenza comune che le nuove tecnologie possano aiutare producendo ad esempio tessuti e materie cruelty free e sviluppando carni cosiddette “coltivate- sintetiche”, fatte in laboratorio, senza l’uccisione degli animali.

Ci vuole senz’altro più consapevolezza, ci sono in ballo interessi economici ma il tutto deve essere una scelta individuale. Va bene rendere noto ciò che avviene negli allevamenti intensivi, ma non si può imporre a nessuno una scelta. Rivendico la libertà che i nostri sistemi liberal democratici ci garantiscono”.

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Dante a Passaggi Festival: il poeta fiorentino tra scienza e letteratura https://2021.passaggifestival.it/scienza-divina-commedia-fisica-matematica-alchimia/ Wed, 23 Jun 2021 06:26:04 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82477 Ha avuto luogo martedì 22 giugno il secondo appuntamento di Calici di scienza, dedicato alla memoria del sommo poeta fiorentino. L’evento, organizzato in collaborazione con l’Università di Camerino, rientra nella rassegna “Calici di Scienza”, un insieme di aperitivi scientifici presso la Sala da Tè “L’Uccellin Bel Verde”.  “E Ritornammo A Riveder Le Scienze”, questo il […]

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Unicam Calici di Scienza Passaggi Festival 2021

Ha avuto luogo martedì 22 giugno il secondo appuntamento di Calici di scienza, dedicato alla memoria del sommo poeta fiorentino. L’evento, organizzato in collaborazione con l’Università di Camerino, rientra nella rassegna “Calici di Scienza”, un insieme di aperitivi scientifici presso la Sala da Tè “L’Uccellin Bel Verde”. 
E Ritornammo A Riveder Le Scienze”, questo il titolo dell’incontro tenuto da Claudio Pettinari, Magnifico Rettore dell’Università di Camerino, Alessandro Del Priori, docente di Storia dell’Arte e dai laureandi presso l’Università di Camerino.

Dante poeta e scienziato

L’incontro si è incentrato sulla figura di Dante, inquadrato però in un’ottica inusuale: Dante non solo come poeta, ma anche uomo di scienza.
Una lettura più approfondita della Divina Commedia ci rivela che gli ambiti scientifici trattati sono tanti: spaziano dalla geologia alla fisica, dall’alchimia alla matematica.
Una vera e propria opera enciclopedica, pilastro della letteratura fiorentina e italiana. Un classico a tutte le definizioni: ogni rilettura ci offre nuovi spunti.

La geologia dantesca

Dante rivela una profonda conoscenza dei fenomeni di caratteri geologico. Parla di una gigantesca frana a cui da due possibili spiegazioni scientifiche: l’evento potrebbe essere stato causato da un precedente fenomeno sismico, oppure potrebbe essere stato generato dall’erosione delle acque che hanno scavato il pendio rendendolo debole. Descrive un terremoto avvenuto nella Valle dell’Adige, denominato il terremoto della valle trementina. Sappiamo oggi che fu una frana sismo-indotta e ciò ci mostra che Dante anticipò addirittura il fenomeno del cosiddetto “multi-sisma”. Numerosi sono anche i richiami meteorologici ed idrogeologici, come la descrizione delle cascate di un fiume o quella di sorgenti di acqua solfurea. Possiamo affermare quindi che, a dispetto di ciò che si pensa comunemente, Dante non impersona affatto il periodo oscuro della scienza. Egli simboleggia invece un periodo necessario per imporre le base della successiva rivoluzione scientifica.

Una razionalità scientifica

All’interno della Divina Commedia non mancano poi i riferimenti alla fisica. Essa nasce come scienza che vuole capire e spiegare in maniera razionale il funzionamento del mondo. Il problema al tempo di Dante è che la fisica non era unificata ed erano tante, e tanto diverse, le teorie che la componevano. Ai tempi di Dante c’erano la fisica creazionista (quella della Bibbia) e quella aristotelica ed era fondamentale il modello tolemaico.
Ciò che rende Dante uno scienziato è l’uso della razionalità, egli non si basa su preconcetti e dogmi. Ad esempio, quando Dante e Virgilio nel primo canto del purgatorio transitano dall’inferno al purgatorio stesso, salgono sulla montagna a mezzogiorno e Dante si stupisce di vedere il sole a nord anziché a sud. Il sommo maestro gli spiega l’accadimento con precisi riferimenti astronomici di natura scientifica.

In pochi comprendono la fatica che Dante ha dovuto impiegare in un’opera che ormai è diventata il simbolo della nostra letteratura. Pur dando vita ad un lavoro di carattere religioso egli non tralascia alcuna spiegazione scientifica, dimostrando uno studio solido ed approfondito di tutte le diverse materie.
L’oltre mondo dantesco è un capolavoro di razionalità a tratti perfino geometrizzante

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Le icone immortali del Novecento: Coco Chanel a Passaggi festival https://2021.passaggifestival.it/annarita-briganti-storia-appassionante-stilista-antonomasia/ Tue, 22 Jun 2021 13:35:34 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82434 Annarita Briganti nella giornata di martedì 22 giugno ha aperto la rassegna mattutina di “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” con il suo ultimo saggio “Coco Chanel: una donna del nostro tempo “ (Cairo). L’autrice ha conversato con Ludovica Zuccarini (vice direttrice di Passaggi Festival) e Brigida Gasparelli (giornalista). Annarita ci racconta la storia appassionante e […]

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Annarita Briganti Passaggi Festival 2021

Annarita Briganti nella giornata di martedì 22 giugno ha aperto la rassegna mattutina di “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” con il suo ultimo saggio “Coco Chanel: una donna del nostro tempo “ (Cairo). L’autrice ha conversato con Ludovica Zuccarini (vice direttrice di Passaggi Festival) e Brigida Gasparelli (giornalista).
Annarita ci racconta la storia appassionante e tormentata della stilista più famosa di tutte: colei che seppe creare uno stile immortale, la diva delle sfilate internazionali.

Una saggistica tutta al femminile

Si tratta del secondo saggio incentrato su una figura femminile per Annarita Briganti: il primoAlda Merini. L’eroina del caos (Cairo) edito nel 2019 racconta la vita della grande poetessa italiana del Novecento. Una storia tormentatissima, un ritratto avvincente di colei che ha saputo colmare i vuoti della sua vita con la forza di una penna e delle parole scagliate di getto su un foglio bianco.
Insomma, Annarita Briganti ha un debole per le storie delle grandi donne, icone delle loro epoche e non solo.
I saggi su donne vanno scritti per recuperare secoli di ritardo, non si può più fare letteratura patriarcale”.

La solitudine degli artisti

Gabrielle Bonheur Chanel nasce poverissima nell’agosto del 1883, abbondonata dal padre in un convento di suore. L’assenza del padre condizionerà tutta la vita, portandola a cercarlo anche nei suoi amori sfortunati. Un vero e proprio trauma con la T maiuscola che la porterà a pagare la sua assenza in una solitudine che durerà tutta la vita.
Coco non riuscirà mai a vivere una storia serena, l’epilogo sarà sempre doloroso e drammatico.
La più famosa storia d’amore della stilista francese finì in tragedia: Arthur ‘Boy’ Capel morì in un incidente d’auto che ebbe a bordo della sua Rolls Royce mentre si recava a Monaco. Da qui la scelta di Coco di restare per sempre “mademoiselle” e dunque non sposarsi mai.
Quella con Boy fu una relazione sincera ed animata da un vero sentimento. “Lui mi insegnava ad essere felice”, ma certo non mancavano gli aspetti più tristi e tormentati. L’abbandono del padre in giovanissima età non aveva spento in Coco Chanel il desiderio di fidarsi delle persone, ma la spingeva inconsciamente ad auto sabotare le sue relazioni intime. Una vita dunque nata in solitudine e poi conclusasi allo stesso modo.

La forza di Coco

“La storia di ogni grande donna è la storia delle sue guerre. Quelle di Coco Chanel sono state almeno quattro: due conflitti mondiali, le battaglie sindacali degli anni Venti e Trenta, e la guerra contro i suoi fantasmi”.
Il primo significativo cambiamento nella moda Chanel lo impone durante la guerra, quando gli uomini erano assenti e le donne erano finalmente sole e libere. Chanel dona loro quella che Annarita ha definito “un’uniforme” e tramite essa le rende libere. L’uniforme esiste ancora oggi, a volte serve  ed altre volte invece ci viene imposta. Coco Chanel è stato un simbolo dell’ “empowerment”, ha avuto un ruolo rilevante nel processo di autoaffermazione delle donne, ha cambiato la società di fatto. Ha saputo dettare la moda cogliendo il presente, si è trovata al posto giusto nel momento giusto. Gabriel è la bambina nata povera, Coco è la ragazza bellissima che si fa strada cantando nei caffè e Chanel è l’icona per sempre giovane che nasce durante la prima guerra mondiale. Queste le tre fasi della vita della diva immortale che ha scosso gli animi della Francia del novecento.

Stravaganza ed eccentricità le parole chiave, Coco ha vissuto gran parte della sua vita sopra le righe ed il suo coraggio è stato quello di non tirarsi mai indietro.
Prendiamo esempio da queste grandi figure e come ha detto Annarita BrigantiPer imparare e conoscere bisogna fare il gesto vintage di comprare e leggere libri”.

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Mauro Mandrioli e la Rivoluzione verde: l’agricoltura che ci piace https://2021.passaggifestival.it/tecnologia-agricoltura-futuro-tutto-green/ Mon, 21 Jun 2021 11:29:16 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=82208 Si apre la quarta giornata di Passaggi Festival con la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione”. Protagonista dell’incontro è stato Mauro Mandrioli con “Nove miliardi a tavola” (Zanichelli). L’autore ha conversato con la giornalista Elisabetta Rossi. Il libro di Mandrioli tratta il delicato tema dell’agricoltura, o meglio, di come rendere più sostenibile ed efficiente un’agricoltura […]

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Mauro Mandrioli Passaggi Festival 2021

Si apre la quarta giornata di Passaggi Festival con la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione”. Protagonista dell’incontro è stato Mauro Mandrioli con Nove miliardi a tavola (Zanichelli). L’autore ha conversato con la giornalista Elisabetta Rossi. Il libro di Mandrioli tratta il delicato tema dell’agricoltura, o meglio, di come rendere più sostenibile ed efficiente un’agricoltura che si troverà a dover sfamare l’astronomica cifra di nove miliardi di persone nel vicino 2050.

Ripartire con più consapevolezza

Bisogna ripartire dalle basi: ridisegnare quello che mangiamo e coltiviamo, con un occhio più critico ed attento per evitare sprechi e garantire la sopravvivenza dell’intera popolazione.
Il mezzo più potente di cui disponiamo è la tecnologia. Con telecamere a infrarossi e droni possiamo valutare la salute delle piante nei campi. Squadre di robot agricoli e sistemi automatici usufruiscono di questi dati per distribuire acqua, fertilizzanti e fitofarmaci solo alle piante che ne hanno bisogno. Dunque una tecnologia a sostegno di un’agricoltura di precisione. Già solamente così, ci spiega Mandrioli, otterremo un risparmio delle risorse dal 30 al 70 per cento.
L’agricoltura italiana è però vittima di un triste paradosso: in Italia sono pochi i campi coltivati con una tecnologia 4.0, ma ci sono moltissime aziende italiane che producono tecnologie innovative. Il problema dunque consiste nell’applicare le armi e le risorse di cui disponiamo.
Al fianco della transizione tecnologica (cioè, come appena detto, del bisogno di applicare le tecnologie disponibili sul territorio) si è parlato anche di transizione generazionale. Negli ultimi anni è avvenuto passaggio di testimone da agricoltori anziani ad agricoltori giovani, c’è stato un boom di iscrizioni a facoltà agricole-agrarie. È necessario ormai mettere nei campi persone più familiari con la tecnologia, al fine di ottenere cambiamenti visibili.

Il biologico che inganna

È in corso ormai da decine di anni un processo per il miglioramento della sostenibilità. Bisogna partire con il dire che “non esiste il biologico puro, anche nell’agricoltura biologica vengono usati fertilizzanti e pesticidi”. La differenza sta nel fatto che l’agricoltura biologica non utilizza la chimica e rifiuta a posteriori gli OGM, scelta non proprio felice secondo Mandrioli. Il biologico può essere una soluzione efficace per alcune aree, ma è sbagliato pensare di fare solo agricoltura “biologica”. Affermare che la soluzione per l’ecosostenibilità passi esclusivamente dal biologico significa dare adito ad una scuola di pensiero sbagliata. Sarebbe una sfida persa.
Esistono tante soluzioni e strumenti diversi, adatti alle più disparate tipologie di campi e di colture. L’autore condanna l’agricoltura biodinamica, una modalità di coltivazione dei campi che non ha una vera e propria base scientifica. L’agricoltura biodinamica consiste in un insieme di pratiche pseudoscientifiche basate su una visione spirituale del mondo. Lo scopo di chi abbraccia questo sistema di credenze vorrebbe essere il raggiungimento di una agricoltura più in equilibrio con l’ecosistema terrestre. Essa incorpora anche alcuni dettami dell’omeopatia e alcune tecniche dell’agricoltura biologica.
“L’agricoltura biodinamica è come andare dal dottore e chiedere una cura in base al proprio segno zodiacale. Certamente si può fare, ma ha poco senso e non garantisce alcun risultato”.

Un utilizzo intelligente delle risorse

Dobbiamo partire dall’idea che i sistemi di agricoltura sono tutti sistemi artificiali, la biodiversità è sicuramente compromessa nei campi destinati alle coltivazioni. Si devono ridurre i danni in un’ottica di compromesso.
Per garantire dei buoni risultati non è utile bandire completamente insetticidi e fertilizzanti. L’idea è usare gli insetticidi quando servono e dove servono. In Francia ad esempio è sempre piaciuta l’idea di togliere gli insetticidi dai campi, solo che così facendo si sono trovati l’8% delle barbabietole rovinate dagli afidi. In occidente potremmo consumare e produrre meno, con un occhio particolarmente attento ad una zootecnica e ad un’agricoltura meno intensiva. Ciò però non vale per molte nazioni africane e, in generale, per tutti quei paesi più poveri. La sfida è rendere disponibili le tecnologie per aiutare i paesi arretrati a continuare ad essere produttivi. L’Europa e gli altri non possono girare la faccia. Nei paesi poveri servono nuove varietà, insetticidi più economici e ad impatto più basso, dobbiamo aiutare lo sviluppo della logistica e della tecnologia.

OGM: un grande sì?

L’autore ha poi affrontato una tematica che negli ultimi anni ha scosso e diviso l’opinione pubblica: quella degli organismi geneticamente modificati. In Italia e in Europa ad esempio sono banditi gli OGM, ma ciò non impedisce che essi vengano importati da altri paesi. Vanno innanzitutto evidenziate e capite le differenze tra gli OGM di oggi e quelli sviluppati nei primi anni ottanta. Complice una ricerca scientifica non ancora arrivata al suo punto di massimo, nei primi tempi erano state fatte scelte “non proprio felici”.
Costruire nuove varietà di piante costava molto e dunque se ne producevano poche ma in grandi quantità. Oggi usare la genetica significa costruire in laboratorio le varietà che ci servono, con la possibilità di creare modifiche estremamente precise. Tante varietà specifiche in maniera economica dunque.
Ad oggi la genetica rende l’agricoltura veramente “local”, si parla di “mutazioni assistite”. Ci sono perplessità legate all’uso della genetica in agricoltura, si ha l’idea che ciò che mangiamo non debba assolutamente essere frutto di uno scambio genetico, ma in realtà ci sono sempre state tecniche di miglioramento genetico, anche se grossolane. Gli OGM non provocano assolutamente problemi per la salute umana o per quella animale. Peccano solamente di tracciabilità: le modifiche attuate sono così precise che non riusciremo più a distinguere tra una varietà modificata ed una naturale. Per assurdo queste metodiche funzionano troppo bene.

Fattorie verticali: l’agricoltura che nasce nelle città

L’ultimo punto affrontato è stato quello delle cosiddette “fattorie verticali”: entro il 2040 il 70% dei cittadini vivrà nelle città e ciò implica che si dovrà rinunciare ad almeno un 2% dello spazio dell’agricoltura per fare spazio alle città. Avremo meno spazi per produrre. Ed è qui che entrano in gioco le fattorie verticali, strutture situate all’interno di edifici che vengono costantemente monitorate e dove verdure e ortaggi potranno crescere tutto l’anno e a kilometro zero. Rispetto ad un campo all’aperto, per coltivare un chilo di pomodori risparmieremmo 65 litri d’acqua.
Si potrebbero ricavare varietà di piante che nei campi non si riuscirebbe a produrre, creando ambienti artificiali in cui esaltare una certa proprietà. Sul nostro territorio abbiamo pochissimi esempi di fattorie verticali, sono costose e in Italia ancora non se ne ha grande necessità. La fattoria verticale più grande del mondo sta nascendo a Dubai, permettendo ad intere zone desertiche di diventare produttive.

Saranno quindi la genomica, l’automazione e le sperimentazioni a guidare la nuova Rivoluzione verde. Solo così potremo mettere tutti a tavola e garantire un’alimentazione sostenibile e di qualità.

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Storie di pioniere che hanno costruito l’Italia: le conquiste e la fatica https://2021.passaggifestival.it/lidia-pupilli-marco-severini-raccontano-donne-non-dimenticare/ Sat, 19 Jun 2021 13:15:41 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=81864 Ad inaugurare la seconda giornata di Passaggi Festival per la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” è Lidia Pupilli  con il suo libro “Pioniere. Storie di italiane che hanno aperto nuove frontiere” (Aras Edizioni). Una collezione di storie di donne “pioniere”, appartenenti a mondi ed età diverse, unite però da un tratto comune: hanno saputo […]

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Lidia Pupilli Passaggi Festival 2021 Fano

Ad inaugurare la seconda giornata di Passaggi Festival per la rassegna “Buongiorno Passaggi. Libri a colazione” è Lidia Pupilli  con il suo libro “Pioniere. Storie di italiane che hanno aperto nuove frontiere” (Aras Edizioni). Una collezione di storie di donne “pioniere”, appartenenti a mondi ed età diverse, unite però da un tratto comune: hanno saputo portare temi legati alla condizione femminile agli occhi di tutti.
Non si tratta di racconti biografici in senso stretto, ma delle storie di vita di sei donne assolutamente nel loro contesto. Storie che coprono un arco temporale molto lungo, dalla fine dell’ottocento fin quasi ai giorni nostri. Un libro corale dunque: le vite e le conquiste di queste iconiche figure femminili. A dialogare con l’autrice, la giornalista Silvia Sinibaldi e Marco Severini, docente di Storia presso l’Università di Macerata.

Conquiste marchigiane

Il contesto italiano del primo novecento fu molto vivo, attivo ed estremamente positivo per i movimenti femminili, che spesso riuscirono a raggiungere i loro obiettivi per via giudiziaria.
Numerose e significative sono le storie che vedono come protagoniste donne marchigiane. In ambito delle lotte per l’acquisizione del voto e della cittadinanza ricordiamo le prime dieci elettrici della storia italiana ed europea, le quali chiesero ed in seguito ottennero l’iscrizione a liste elettorali politiche. Si trattava di dieci maestre di Senigallia e di Montemarciano (in provincia di Ancona). Purtroppo però in età giolittiana le dieci maestre non poterono mettere in atto il loro diritto appena conquistato. Si dovrà aspettare il 1860, alle votazioni per l’annessione alla compagine sabauda (dunque in ambito di plebisciti). In questa occasione per la prima volta poté votare una donna.
Ancora nelle Marche un’altra grande conquista: nel 1946 nel sud delle marche, in provincia di Fermo, a Massa Fermana venne scelta come prima cittadina una donna.
In ultimo: la prima avvocata donna Isa Comani era di Ancona. Si è voluto sottolineare quanto per le donne sia stato particolarmente difficoltoso arrivare ad avere un ruolo nel settore giuridico (soprattutto se sposate e sottoposte all’autorità del marito).

Disuguaglianze che persistono

Nel corso della storia per le donne è stato difficile accedere a professioni specifiche, sono state combattute vere e proprie battaglie giudiziarie e sociali, ma purtroppo il problema è ancora ben lungi dall’essere risolto. Nel XI secolo rimane il triste problema della prevaricazione degli uomini. Una problematica che certo non si limita solo a certi settori. Non è giusto che nel 2021 una donna debba decidere se dedicarsi alla famiglia o alla carriera, si devono poter conciliare vita privata e vita lavorativa. Per questo motivo dunque è importante costruire un percorso di recupero della figura femminile che deve passare obbligatoriamente tramite tutte le discipline e che illustri le difficoltà attraversate nel corso di secoli di lotte e conquiste. Questo profondo gap generato dalle disuguaglianze di genere deve essere colmato.
Lidia Pupilli e Marco Severini, ben consci della portata di un tale problematica, hanno per questo introdotto una novità rilevante: propongono l’insegnamento della storia delle donne all’interno degli Atenei. Il tutto partirà da Macerata e speriamo che sarà presto emulato dagli altri Atenei. Una riqualificazione del ruolo politico e sociale della donna e, soprattutto, delle donne che hanno reso grande l’Italia, può avvenire solo in virtù dello studio, del racconto della loro storia.
La strada non è tanto quella delle quote rosa, quanto quella della cultura, dello studio e dell’informazione.

La sindaca o il sindaco? La grammatica che fa discutere

Andare a ritroso sulle storie delle donne significa capire quanto esse hanno inciso, quanto hanno contribuito al benessere della quotidianità di oggi. L’idea di definirsi al femminile significa riconoscere che ci sono state delle pioniere che hanno lottato tantissimo, è un riconoscimento a coloro che oggi ci permettono di percorrere delle strade che per decenni sono state sbarrate”. Così affermano entrambi gli autori, battendo su una questione che più volte ha generato polemiche: l’utilizzo al femminile di nomi in origine maschili.
Seppure grammaticalmente scorretto, utilizzare nomi femminili per mestieri quali l’avvocata, la sindaca e così via significa riconosce l’importanza delle lotte affrontate.
Come tutte le lingue anche quella italiana è in continua evoluzione e declinare al femminile vocaboli maschili significa anche accettare e sostenere un cambiamento lento ma graduale.

La questione della parità di genere non è una questione delle sole donne, riguarda l’intera democrazia.
Dobbiamo affrontare di petto le esigenze del vivere comune, cominciando dal superarne una, quella della misoginia.

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Giada Palma a Passaggi Festival: la scienza al fianco delle donne https://2021.passaggifestival.it/raccolta-storie-giovani-scienziate-passaggi-festival/ Fri, 18 Jun 2021 10:50:37 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=81707 Si apre venerdì 18 giugno la nona edizione di Passaggi Festival. A dare il via sono i due incontri della rassegna “Buongiorno Passaggi libri a colazione”, rassegna inaugurata appena un anno fa. Un incontro al Lido di Fano, al Bon Bon precisamente, ed uno a Bagni Torrette. Proprio a Bagni Torrette Giada Palma ha presentato […]

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Giada Palma Passaggi Festival 2021 Fano

Si apre venerdì 18 giugno la nona edizione di Passaggi Festival. A dare il via sono i due incontri della rassegna “Buongiorno Passaggi libri a colazione”, rassegna inaugurata appena un anno fa.
Un incontro al Lido di Fano, al Bon Bon precisamente, ed uno a Bagni Torrette. Proprio a Bagni Torrette Giada Palma ha presentato il suo libro d’esordio “Donne che innovano”. Una raccolta di storie di venti giovani donne scienziate e imprenditrici, finaliste ed alcune vincitrici di un premio europeo per l’innovazione.

Una nascita improvvisata

La scrittrice veronese ci racconta di aver iniziato a concepire questo libro in piena pandemia.
Ho guardato su internet e ho scoperto questo premio della Commissione Europea. Ho scoperto storie di imprese al femminile con un grande impatto sociale”.
Dopo aver mandato una serie di mail in cui chiedeva a queste giovani scienziate di rilasciare delle interviste, loro hanno accettato e così ha iniziato a prendere forma il suo libro.
In molti casi questa occasione di conoscenza si è tramutata in una vera e propria amicizia, Giada Palma rivedrà alcune di loro in altri festival dove sono state invitate. È venuto a crearsi un bellissimo rapporto umano a favore di questo progetto assolutamente spontaneo, nato quasi per caso da una semplice ricerca su internet.

Diversi ma anche simili

Le donne protagoniste di queste storie vengono da tutta Europa. Sono diversi i contesti politici, i tipi di impresa ed i cammini intrapresi dalle scienziate.
Le mie storie non sono uguali, e così le donne” afferma Giada Palma. Molti però sono anche i tratti comuni, primo tra tutti il merito che esse hanno di essersi sapute ritagliare uno spazio in società spesso ostili.
Fatico perché sono donna, non ho i capelli bianchi e non sono nemmeno molto alta”. Parole quasi scherzose ma che illustrano le difficoltà celate dietro cammini tortuosi, fatti di alti ma anche di tanti bassi.
Comuni sono anche la determinazione, l’intraprendenza, la volontà di far diventare il lavoro vita. È questo il caso di una delle protagoniste, una farmacista lituana che afferma come per lei il settore farmaceutico non sia una ragione di reddito, ma in primis una ragione di vita. L’azienda è divenuta nel suo caso un’estensione, un terzo figlio.

Il bisogno di essere liberi

La scrittrice ha voluto sottolineare la varietà delle storie che racconta perché ritiene che essa sia liberatoria. Oggi si vede nei giovani un bisogno quasi disperato di specializzazione, una necessità costante di essere sempre i migliori. Sembra quasi che non ci sia la libertà di poter cambiare, di decidere di dedicarsi ad un qualcosa che riempia la nostra psiche prima del portafogli e della mensola dove riporre i premi ottenuti.            Per questo Giada ha voluto mettere in luce un aspetto tanto delicato.
L’esempio riportato è quello di Gabriella Colucci, ricercatrice italiana.
La scrittrice ci racconta che famiglia della giovane scienziata non aveva soldi per istruire tutti i figli, e così Gabriella, in quanto figlia femmina, è stata messa in disparte ed è partita con lo zaino in spalla per il Nepal. La scienziata afferma di essere diventata adulta a 45 anni, una volta andata via dal Nepal. Non devono esistere età e scadenze. Bisogna accettare le differenze senza che però ci limitino, senza il costante bisogno di dare una definizione a tutto. Ogni definizione può diventare costrittiva escludendo tutte le altre.

Un’emotività innovativa

L’innovazione è da sempre parte strutturale dell’impresa, ma ora più che mai sta radicalmente cambiando il modo di innovare. Per esempio nel dopoguerra era tutto da ricostruire e ci si concentrava principalmente sul ricostruire dalle fondamenta città distrutte. Oggi invece in una società in cui abbiamo tutto e troppo, cos’è l’innovazione? Su cosa concentrarsi e su cosa non?
Ora la dimensione è senz’altro più psicologica e di contesto, più interna. Questa è la sfida delle imprese di che stanno rinnovano l’Europa: colmare il vuoto psicologico creato da un’industria che ci circonda di tutto ma che spesso ci spoglia emotivamente. Per questo dunque L’Europa premia le imprese che si dedicano al sociale, all’emotività.
Centrali diventano la cura verso il prossimo e verso il mondo, aspetti che emergono in diverse storie.
Galit Zuckerman ad esempio è una giovane donna turca, un ingegnere informatico che si occupa di quantificare il dolore. Galit ha utilizzato le sue competenze per creare un ditale che monitora le dosi di oppiacei durante gli interventi, così da evitare che durante l’operazione il paziente si svegli ed abbia piena conoscenza del dolore fisico che sta provando.
Allo stesso modo un’altra giovane ricercatrice, Caren Dolva (di origini norvegesi) ha inventato un robottino che permette a quei bambini malati che non possono andare a scuola di partecipare alle lezioni, consente loro di essere presenti in questi piccoli contesti che li fanno sentire parte integrate della società.

Tecnologia e innovazione diventano quindi le armi di cui disponiamo per aiutare le persone più svantaggiate, per riportare l’attenzione sul tema del benessere psicologico.                                                                                                                 Dunque un utilizzo della scienza, della cultura e dello studio come ponte per estendere il nostro percorso, per arrivare lì dove non arriveremmo altrimenti, dei veri e propri “potenzianti”.

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TM Notizie-A Passaggi Digitali Chiara Colombini e Marino Sinibaldi discutono sulla Resistenza https://2021.passaggifestival.it/tm-notizie-a-passaggi-digitali-chiara-colombini-e-marino-sinibaldi-discutono-sulla-resistenza/ Mon, 19 Apr 2021 09:00:26 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=78826 L'articolo TM Notizie-A Passaggi Digitali Chiara Colombini e Marino Sinibaldi discutono sulla Resistenza sembra essere il primo su Fano – Passaggi Festival.

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TM notizie-A Passaggi Digitali Chiara Colombini e Marino Sinibaldi discutono sulla Resistenza 19 aprile 2021

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Da Rosalind Franklin a Margaret Hamilton, la scienza si fa donna https://2021.passaggifestival.it/aperitivo-universita-camerino-donne-scienza/ Tue, 08 Sep 2020 08:37:58 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=75132 Il resoconto dell'incontro con Barbara Re dell'Università di Camerino su donne e scienza.

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Tre storie appassionanti di tre donne appassionate. Una la passione in comune: la scienza.
Così è cominciato l’incontro organizzato dall’Università di Camerino, il cui scopo era appunto quello di ricordare le storie di tre donne che si sono sapute distinguere nell’ambito scientifico. Una storia per ricordare, una per comprendere ed una per costruire.

Le ricerche ci mostrano come solo il 28% dei ricercatori mondiali di oggi sia donna. Un numero che fa riflettere e che deve essere aumentato, soprattutto lavorando sulla valorizzazione del merito. Non si tratterebbe di una manovra positiva solamente per le donne impegnate in campo scientifico, ma sarebbe un ricavo ed una spinta per l’economia mondiale. I dati ci dicono che questa percentuale è destinata a mutare nei prossimi centootto anni e ciò ci porterà a colmare il gap che si cela dietro questo 28%. Non si possono però attendere centootto anni: dobbiamo superare lo stereotipo che ci porta ad affermare con assoluta certezza che la scienza non sia donna e che le donne non possano dunque fare ricerca. Il fisico ed il chimico non sono lavori prettamente maschili, così come la maestra non è un’occupazione esclusivamente femminile.
Gli stessi Stati Uniti d’America nella loro lista dei diciassette obiettivi da raggiungere per lo sviluppo sostenibile hanno inserito l’aumento dell’occupazione femminile.

Per ricordare

La prima storia è quella di una donna a cui non venne riconosciuto il merito dovuto: Rosalind Franklin.

Rosalind nasce a Londra nel 1920 da una famiglia ebraica. Appassionata di scienze, chimica e matematica fin da giovane riesce a vincere diverse borse di studio fino a quando accede all’università di Cambridge ed inizia ad interessarsi alla struttura dei cristalli.

Presto si inserisce in un gruppo di ricerca insieme ai noti Watson e Crick che però la vedono solo come un’assistente. Nasce un doloroso rapporto-scontro con i colleghi uomini, soprattutto con Watson, dovuto al desiderio maschile di prevalere. Quando si arriva alla pubblicazione della scoperta della doppia elica del DNA (che valse un Nobel ai colleghi Watson e Crick) il riconoscimento che le si sarebbe dovuto attribuire purtroppo non venne ed anzi, a causa delle radiazioni pericolose delle ricerche effettuate Rosalind si ammalò di cancro e morì alla giovanissima età di trentotto anni. Quello di Rosalind fu un amore viscerale e disinteressato per la scienza, tanto che ella continuò a lavorare anche dopo che le fu diagnosticato il cancro. La sua storia va ricordata perché ci insegna a non darsi per vinti anche quando tutto sembra remarci contro e soprattutto ci insegna che in campo scientifico non esiste un sesso migliore dell’altro: la conoscenza e la competenza vanno riconosciute per quello che sono.

Per comprendere

La seconda è invece la storia di una grande informatica: Margaret Hamilton. Grazie a lei è stato possibile rendere reale quello che sembrava essere solo un grande sogno, l’atterraggio sulla luna. Armstrong stesso in un’intervista ha detto che senza lei l’allunaggio non sarebbe stato possibile. Il 20 luglio del 1969 la navicella di Neil Armstrong ebbe qualche problema tecnico durante la fase d’atterraggio: l’intervento di Margaret non solo permise di portare a termine la missione, ma ha anche contribuito allo sviluppo dei moderni sistemi operativi. Il contributo che Margaret Hamilton ha dato alla scienza a portato alla nascita della cosiddetta “ingegneria del software”. Il 22 Novembre del 2016 Margaret Hamilton ha ricevuto dall’allora Presidente degli Stati Uniti Barak Obama, la Medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza che possa essere data ad un civile americano, per il suo fondamentale contributo nelle missioni Apollo.

Per costruire

L’ultima storia è quella di Serena, ex studentessa dell’Università di Camerino. Da sempre interessata all’ambito della tecnologia, Serena ha potuto fare un’esperienza in azienda arrivando a toccare con mano il mondo dell’energia. Ha affermato di “studiare cose che non esistono”, poiché la scienza dà la possibilità di guardare oltre il confine, di immaginare soluzioni che oggi non ci sono. Il suo interesse è rivolto principalmente agli algoritmi applicati all’ottimizzazione energetica.
Serena ora si trova in Belgio dove ha vinto una borsa di studio per completare il suo dottorato. L’augurio che Passaggi le fa, ed in generale l’augurio dell’intero mondo della scienza, è che possa non perdere mai la sua passione e dare vita a qualcosa di utile e unico di cui si continuerà a parlare nel corso del tempo.

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Tarrare e gli appetiti di un’intera epoca https://2021.passaggifestival.it/michele-petrucci-racconta-storia-uomo-vorace/ Fri, 04 Sep 2020 08:52:42 +0000 https://2021.passaggifestival.it/?p=75245 Ne L'Insaziabile viene raccontata con grande umanità una vicenda che di per sè non ha nulla di umano: Tarrare e la sua polifagia

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Petrucci Passaggi Festival

Si è conclusa ieri la Rassegna di Fuori Passaggi, con sede al Pincio e dedicata a tutti gli appassionati, e non, di fumetti e graphic novel. Protagonista è stato Michele Petrucci che assieme ad Alessio Trabacchini ha presentato il suo ultimo libro L’Insaziabile.
Si tratta di un vero e proprio fumetto storico incentrato su una vicenda tanto reale quanto incredibile. La storia che Petrucci ci racconta è una storia di violenza ed eccesso, trattata però con tanta delicatezza ed umanità.

La malattia

Siamo nella Parigi del diciottesimo secolo e per le strade della città francese si aggira uno strano personaggio: un certo Tarrare (probabilmente si tratta di uno pseudonimo). La sua vicenda è arrivata fino a noi tramite una serie, purtroppo piuttosto scarna, di documenti medici che ne hanno analizzato il caso.                                                                                                    Tarrare era infatti affetto da polifagia, ossia un impulso continuo di mangiare.
Non si trattava solamente di ingurgitare una quantità incredibile di cibo, quanto di un bisogno mai saziabile e indipendente dalla volontà di cibarsi di qualunque cosa. Così Tarrare si ritrova a mangiare animali vivi o morti che fossero, quantitativi esorbitanti di carne ed anche diversi oggetti. Immaginare la sua dolorosa vicenda in un contesto quale poteva essere la Parigi del diciottesimo secolo ci fa presto capire che egli è arrivato a vivere una vita aliena a qualunque tipo di socialità.

Una vita di spettacolo

Michele Petrucci ci ha raccontato di deputarsi un ricercatore di storie. Per lui le idee sono come pesci: bisogna scendere in profondità per ripescare quelle più interessanti. La storia di Tarrare è giunta fino a lui tramite un suo amico artista di strada che condivide con Tarrare una vita di “spettacolo”. Sì perché Tarrare, sfruttando una sua malattia, per diverso tempo si è esibito per strada. Gli spettatori si presentavano recando con sé ciò che volevano che Tarrare mangiasse: si racconta che egli abbia ingurgitato diversi serpenti ed anguille, tutti rigorosamente vivi.
Oltre i pochi documenti medici sopra citati di Tarrare non è rimasto null’altro: Michele Petrucci ha quindi sfruttato gli spazi bianchi di questa vicenda estrema, creando una biografia romanzata di un personaggio difficilmente inseribile in un contesto umano.

La sconfitta di Tarrare

Un uomo che è divenuto metafora vivente della fame ma anche testimone degli eventi storici del tempo (siamo in piena rivoluzione francese) e soprattutto uomo. Quella di essere un uomo è una caratteristica che i suoi contemporanei non gli hanno mai attribuito: Tarrare ha vissuto una vita di privazioni, di odio e di incomprensione da parte di chi lo circondava.
Il fascino che la sua storia esercita deriva dalla scabrosità della sua patologia ma anche dal contrasto tra la sua vita di ultimo e gli avvenimenti storici che ha attraversato, destinati a lasciare una traccia indelebile nel mondo.
Quella di Tarrare è la triste vicenda di uno sconfitto, parte da sconfitto e morirà tale in giovanissima età. Sconfitti sono anche i personaggi che lo circondano, soprattutto i compagni che assieme a lui compongono il circo ambulante. Michele Petrucci si è immaginato una presenza femminile nella vita di Tarrare, Clarisse. Si tratterebbe della figura da lui amata, seppure è facilmente intuibile come nella realtà storica Tarrare fosse un personaggio assolutamente a margine, senza nessuna figura positiva accanto a lui. La difficoltà maggiore è stata quella di rendere graficamente una storia così violenta, così cupa. Per questo è nata l’esigenza di mitigare la vicenda, creando una vita a questo personaggio ed inserendo addirittura una storia d’amore.

Tarrare in questo incredibile fumetto storico diventa dunque il simbolo di chi soffre, di chi è diverso e di chi non si sente accettato. Colui che diventa lo zimbello, il capro espiatorio, il φαρμακός come direbbero gli antichi greci.

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